Tim Berners-Lee è stato, nel 2019, l’ospite principale dell’edizione italiana di Campus Party. Io ho avuto modo di incontrarlo perché ero stato invitato alla stessa manifestazione per parlare di street art. Sul problema di privacy rilevato nell’occasione dal creatore del World Wide Web ho scritto anche un articolo per Hacker Journal. Ma Tim Berners-Lee a Campus Party, il più importante festival al mondo su innovazione e creatività, ha parlato di tante altre cose. L’evento era dedicato principalmente ai trent’anni della sua creatura, grazie alla quale oggi tutto il mondo è connesso e può scambiarsi contenuti multimediali e soprattutto notizie, idee, opinioni.
Una storia di successo iniziata a Ginevra nel 1989
Era infatti il 1989 quando al CERN di Ginevra Tim Berners-Lee iniziò a progettare, insieme a Robert Cailliau, un sistema tecnologico per la libera condivisione di informazioni. L’intenzione era di aiutare gli scienziati del pianeta a progredire nelle proprie ricerche grazie a una migliore circolazione di dati e studi. L’applicazione fu chiamata Web per richiamare il concetto di interconnessioni tra le varie informazioni, collegati tra loro tramite link. Il primo server era ospitato su una macchina NeXT, uno dei più potenti computer esistenti all’epoca. Berners-Lee sviluppò anche il primo browser, in grado di visualizzare le pagine web. Nei successivi anni questa applicazione fu usata solo all’interno della comunità scientifica, lo scopo per cui era stata realizzata.
Nel 1993 Tim Berners-Lee mise a disposizione di tutti il codice sorgente. Il Web divenne così di dominio pubblico: chiunque poteva usarlo per divulgare i propri contenuti. “Volevamo fare qualcosa di utile e libero, per tutti” ha spiegato. L’informatico britannico ha aperto il suo intervento mostrando il documento con il quale nel marzo del 1989 ha illustrato la sua proposta di creazione di un nuovo sistema informativo.
La qualità innanzitutto
“I primi tempi sono stati entusiasmanti. Bastavano anche poche decine di accessi alla settimana per rendere i webmaster felici e orgogliosi dei propri siti. La formula vincente era semplice. Pubblicare i propri buoni contenuti e linkare i buoni contenuti degli altri. In questo modo chi entrava nel World Wide Web avrebbe potuto restarci a lungo. E il giorno dopo sarebbe tornato a trovarci. Dal 1991 in poi, il numero di link è aumentato esponenzialmente, già dai primi anni.”
“Era bello vedere il proprio materiale diffondersi” ha proseguito Tim Bernes-Lee. “Del resto, il Web non era come la televisione in cui c’erano solo pochi canali. Tutti, sul Web, potevano sia vedere tutti che essere visti da tutti. Il valore di un contenuto, oltre a portare visitatori e quindi visibilità, aumentava quello di tutta la rete, che cresceva non solo in quantità ma anche in qualità. Sembrava una realtà meravigliosa, destinata a unire le persone, favorire la loro istruzione e l’avvicinamento a cause sociali rilevanti. Invece, qualcosa è andato storto.”
Qualcosa è andato storto
Trent’anni dopo la nascita del World Wide Web, Tim Berners-Lee non è molto contento di come siano andate le cose. Peraltro, secondo un recente sondaggio la rete oggi appare più manipolata che libera. “Il Web” ha detto a Campus Party “aiuta le persone a fare meglio le cose nel bene ma anche nel male. Anche se in principio l’idea era di creare uno strumento che permettesse alla gente di costruire qualcosa di importante, oggi qualcuno lo usa anche per distruggere. Distruggere la credibilità e quindi la reputazione della rete stessa, inondandola di fake news, spesso legate a tentativi, in molti casi riusciti, di manipolare l’opinione pubblica per determinati scopi politici o economici.”
Il Web era nato per unire la gente, ma oggi la divide
“In alcuni periodi, sui social network, il traffico legato alle fake news, pubblicate perlopiù da siti di dubbia attendibilità, ha superato quello del mainstream, il flusso informativo dei media più noti e affidabili. Inoltre il Web era nato per unire la gente, mentre ora spesso la divide, per il fenomeno di polarizzazione che crea posizioni all’apparenza inconciliabili o perlomeno impermeabili tra loro. Ci si odia senza neanche conoscersi. È buffo che una delle serie televisive più seguite sia Black Mirror che parla delle disfunzioni sociali dei moderni mezzi di comunicazione. Sembra che in qualche modo siamo attratti da queste cose. E il livello di quello che si legge, e quindi si scrive, sui social network e altrove si abbassa sempre di più.”
Proprio i social network sono un’altra nota dolente del panorama attuale del World Wide Web, secondo Berners-Lee. “È bellissimo poter avere spazi in cui conoscere e incontrare altre persone, sia pure tramite uno schermo. Possono nascere idee, progetti, iniziative che cambieranno il mondo. Però ci sono troppi dati in mano a troppe poche persone e aziende. Dati di miliardi di persone regalati in cambio dell’accesso “gratuito” a siti che fanno business con i contenuti che noi produciamo gratis per loro. Una volta ognuno aveva un proprio sito, oggi molti si accontentano di una pagina social. Tutto questo deve e può finire. Non è tardi per riavere indietro la nostra privacy.”
Ecco i Social Linked Data di Solid
Solid, ovvero Social Linked Data, è il nome del progetto open source che Tim Berners-Lee ha presentato a Campus Party. Un modo per abbattere i recinti dei social network e separare le applicazioni dai dati attraverso una singola API.
L’intento di Solid, sviluppato da Tim Berners-Lee tramite la start-up Inrupt in collaborazione con il MIT, è di decentralizzare la rete. Questo permetterà a ogni utente di mantenere i propri dati in un apposito spazio personale e decidere da sé con chi condividerli e come. I dati, così come testi, foto, video, sarebbero infatti contenuti in un POD identificato da un WebID e gestibile tramite qualunque server opportunamente attrezzato ed eventualmente installato anche in locale.
“Puntiamo molto sul desiderio sempre maggiore di decentralizzazione per spostare l’utenza dai social network a Solid” ha rivelato l’informatico londinese. “Inoltre abbiamo aperto un account su GitHub per permettere a chi lo desidera di aiutarci a correggere i bug. Il World Wide Web può essere un posto di gran lunga migliore di quello che è oggi, ma la lotta tra chi costruisce e chi distrugge durerà ancora a lungo. Bisognerà sforzarsi di fare le cose sempre meglio perché la gente possa imparare a che cosa credere e a che cosa no. Per il futuro non ho previsioni, solo speranze. Speranze che la rete torni a essere di tutti e per tutti.”
Tim Berners-Lee e i giovani
“Oggi” ha detto ancora Tim Berners-Lee “è difficile dare consigli ai giovani. Gli stiamo lasciando un mondo meno positivo di quello che c’era quando abbiamo cominciato a lavorare a questo grande progetto. Dovranno impegnarsi parecchio, innanzitutto per capire cosa si aspetta il mondo da loro e poi per cercare di darglielo. Una strategia potrebbe essere quella di operare su più livelli, senza focalizzarsi su un solo obiettivo, anche per aumentare le probabilità di successo. Lavorare sia nel locale che nel globale permetterà di sperimentare punti di vista diversi e fare più esperienza. Infine, sarà importante lavorare in gruppo. Collaborare con chi condivide i nostri obiettivi permetterà di scambiare risorse e idee. Spesso la fetta di una torta preparata insieme ad altre persone è più grande dell’intera torta che si potrebbe preparare da soli.”
Al termine della conferenza, Tim Berners-Lee ha incontrato sul palco del main stage i quattro finalisti della “call for ideas” organizzata da Campus Party Italia per scoprire nuove idee e progetti. Introdotti dalla CEO Linda Spahija, i campuseros Ivano Stella, Giovanni Mosiello, Damiano Ramazzotti e Clara Leone hanno illustrato all’informatico londinese le loro visioni del futuro del World Wide Web. Lo sviluppo di algoritmi più etici, la gestione dei pensieri in forma di dati, la possibilità di connettere anche la vita offline e le community come motore delle future trasformazioni digitali sono gli spunti che Ivano, Giovanni, Damiano e Clara hanno dato a Tim Berners-Lee. L’informatico inglese ha quindi salutato gli amici di Campus Party con il suo celebre auspicio: “The future is still so much bigger than the past!”
La conferenza di Tim Berners Lee a Campus Party può essere rivisita e riascoltata (in inglese) su YouTube.
Campus Party Italia
Il festival sul rapporto della tecnologia con l’innovazione e la creatività, nato in Spagna nel 1997 e poi esportato con successo in tutto il mondo, si tiene ogni anno in oltre sessanta paesi e dal 2017 anche in Italia. Lo scopo è di incontrare e far incontrare studiosi e creativi per discutere di nuove forme di comunicazione, espressione, business. Il nome, Campus Party, deriva dalla possibilità data ai visitatori di pernottare in fiera grazie a una apposita area camping. In questo modo si può seguire la manifestazione, che dura tre o quattro giorni, 24 ore su 24, giacché il programma, particolarmente fitto, propone eventi da mattina a sera.
Ogni anno a Campus Party Italia arrivano centinaia di speaker da tutta Italia e anche dall’estero, per tenere speech, workshop e anche barcamp, perlopiù gratuiti. Nel 2019 i più seguiti, oltre a Tim Berners-Lee, sono stati: Adrian Fartade, giovane scrittore e divulgatore scientifico il cui canale YouTube conta oltre 150 mila iscritti; Aimee van Wynsberghe, esperta di etica applicata alla robotica; Gino Strada, fondatore di Emergency, che ha parlato di “medicina contro la guerra”; Roberto Burioni, medico e accademico, noto in particolare per le sue lotte mediatiche contro le posizioni antivacciniste; Corrado Passera, ex ministro dello sviluppo economico e amministratore delegato di banca Illimity. La manifestazione ha inoltre ospitato vari rappresentanti del mondo esport.
Marco Vallarino
Grazie a Elena Mascolo e Claudio Todeschini per la collaborazione.