Intervista sull’eredità partigiana in Italia e il libro Orazione civile per la Resistenza
Ho conosciuto Daniele Biacchessi nel gennaio del 2009 quando ha portato a Imperia il suo spettacolo Il paese della vergogna. Il cantastorie milanese impreziosì la rassegna di teatro civile dell’Arci Guernica con un monologo davvero emozionante, scritto – mi disse – per ritrovare l’indignazione perduta, imparare a fare i conti col passato e lavorare per un futuro migliore.
In quell’occasione mi rilasciò una lunga intervista, pubblicata sul Secolo XIX per presentare l’evento. Nacque un’amicizia che prosegue tuttora e che nel 2011 mi ha permesso di parlare alla sua trasmissione radiofonica Italia in controluce dell’indagine sulla street art realizzata per il mio libro Il muro da poco tornato in libreria con il titolo Il cuore sul muro.
Sempre nel 2009 ho recensito per Mentelocale il suo libro Passione reporter sui giornalisti morti in guerra. Nel 2011 per Il Secolo XIX ho seguito alla Ubik di Savona il suo reading sul disastro di Ustica, tratto dal libro Punto Condor.
Nel 2012 sono poi tornato a scrivere di Daniele Biacchessi grazie all’uscita del suo libro sulla Resistenza. L’intervista sull’importanza dell’eredità partigiana in Italia fu pubblicata sul mensile ligure Momenti di Gusto, che a dispetto del nome trattava anche argomenti di rilevanza sociale. Ora potete leggerla qui. Per un eventuale approfondimento, c’è naturalmente il sito di Daniele.
Orazione civile per la Resistenza
La Resistenza come valore ancora oggi attualissimo di partecipazione civile, salvaguardia della memoria storica e anelito politico e sociale di libertà. Un tesoro che, negli anni tormentati dell’occupazione nazifascista in Italia, è stato “raccolto” anche in Liguria e che il cantastorie milanese Daniele Biacchessi sta diffondendo a piene mani con la pubblicazione del suo nuovo libro Orazione civile per la Resistenza con l’editore Promomusic.
Vincitore di numerosi premi per l’impegno della sua attività di scrittore e giornalista, Daniele Biacchessi, vice caporedattore di Radio 24, è in prima linea nella promozione della cultura della memoria e nella lotta alla disinformazione. Gira l’Italia in intensi tour letterari che si compongono di appassionanti spettacoli di teatro civile, vivaci conferenze e incontri col pubblico.
Inoltre, non cessa mai di tenere d’occhio email, siti, social network, su cui è costantemente in contatto con il suo numeroso pubblico, per resistere (appunto) al collasso della libertà di stampa, in un mondo che rischia di perdere autorevolezza e credibilità per i flussi di informazione sempre più grandi e incontrollabili che lo sommergono.
In un momento in cui, approfittando dell’anonimato della rete, chiunque può leggere e scrivere tutto e il contrario di tutto, Daniele Biacchessi continua a consumare le suole delle scarpe andando in giro a cercare storie, trovarle, dipanarle, verificarle e poi raccontarle. Si muove con agilità sorprendente tra tonnellate di documenti, che – dice lui – a dispetto della mole scoraggiante aspettano soltanto di essere lette. Ogni sua intervista è un appello a condividere i temi, le idee, i valori di cui sono pervase le battaglie della Resistenza, sempre più lontane nel tempo, ma sempre più vicine per spirito e necessità.
Daniele Biacchessi ricorda i valori della Resistenza
Quali sono i valori che la Resistenza dovrebbe trasmettere alle generazioni future? «Il valore più importante della Resistenza resta ancor oggi la partecipazione. Battersi perché questa libertà conquistata con il sacrificio e con la morte permanesse nel tempo, per le generazioni a venire, a futura memoria. Del resto i partigiani volevano la libertà per poterla vivere fino in fondo, per consolidarla, per consegnarla come garanzia ai giovani».
Ci sono personaggi, episodi, luoghi in Liguria che sono stati importanti per la Resistenza? «Il mio libro non è una somma di storie locali, ma una narrazione collettiva ambientata in tanti luoghi. La Liguria è la culla della Resistenza. C’è stata una Resistenza di città come i Gap di Genova comandati da Giacomo Buranello. C’è stata una Resistenza di collina e montagna come quella combattuta sull’appennino ligure piemontese dalla potente divisione Garibaldi Cichero di Giovanni Serbandini Bini e Aldo Gastaldi Bisagno. E ci sono stati personaggi straordinari come Felice Cascione, che rappresenta il riscatto di una classe sociale umile. Lui, proveniente da una famiglia umile, si laurea in medicina, aderisce alla resistenza e sceglie di stare dalla parte della democrazia. Cascione muore in battaglia come Guido Picelli, Dante Di Nanni e migliaia di altri patrioti. Non erano degli eroi, ma cittadini morti liberi».
Un lavoro decennale di raccolta, verifica e catalogazione del materiale
Nel lavoro decennale di raccolta, verifica e catalogazione dei documenti che compongono il libro, hai incontrato ostacoli particolari? «Nessun ostacolo, anzi tanto, fin troppo entusiasmo. Ho ricevuto oltre mille email di persone che mi hanno raccontato storie di Resistenza. Storie della loro famiglia, di nonni conosciuti e sconosciuti, di fratelli mai più tornati dalle campagne in Russia, di sorelle fucilate e violentate da nazisti e repubblichini, di case e chiese bruciate, di fame, freddo, di bombardamenti, di città distrutte, di solidarietà. Poi ho svolto un lavoro in moltissimi archivi della Resistenza che dovrebbero essere maggiormente conosciuti, dove è conservato un patrimonio documentale e storico straordinario. Infine ho raccolto testimonianze orali, come gli antichi cantastorie, come i ricercatori di cultura e musica popolare come Roberto Leydi, Bruno Pianta, Michele Straniero, Diego Carpitella, come Alan Lomax in America. Ho raccolto le storie degli ultimi partigiani rimasti con le loro splendide rughe e gli occhi scavati dal tempo e dalle storie».
La memoria della Resistenza, un impegno civile
Come si può preservare la memoria della Resistenza a dispetto della progressiva e ineluttabile scomparsa dei suoi rappresentanti? «Io racconto una storia a te e tu la racconterai ad altri figli, ad altri amici. Fino a quando queste storie avranno gambe per poter camminare, non moriranno mai. Quando qualcuno si stancherà di raccontarle, queste storie moriranno due volte, con le persone e con le ingiustizie. Non è dunque memoria del passato. È memoria viva, quotidiana, un ponte tra generazioni diverse. È un impegno civile, fatto di piccole cose, di gesti, di atti pubblici e di parole. Con i libri di Giampaolo Pansa i partigiani erano diventati i nazisti e i nazisti i partigiani. Se non avessi scritto la Storia in Orazione civile per la Resistenza un giorno ci avrebbero raccontato che quelle di Marzabotto e Sant’Anna di Stazzema erano delle allegre scampagnate dei tedeschi.»
Chi sono i partigiani di oggi per Daniele Biacchessi
Chi è secondo te il partigiano di oggi? In particolare contro cosa bisogna Resistere? «Bisogna resistere contro le mafie. I partigiani di oggi sono i ragazzi che lavorano nei campi confiscati a Cosa Nostra, alla ‘ndrangheta, al clan dei Casalesi, alla sacra Corona unita. Ogni centimetro di terra sottratto dallo Stato alle mafie è Resistenza. Bisogna resistere ai tentativo di riscrivere la Storia. Infine bisogna resistere a quanti intendono stravolgere la Costituzione che resta la carta dei valori condivisa dagli italiani. Non è nata in Parlamento, bensì in ogni luogo in cui sono stati torturati e uccisi gli antifascisti e i civili».
Marco Vallarino