Intervista sul romanzo Anna, la tv e il cinema
Che futuro può esserci dopo una apocalisse che ha spazzato via quasi tutto il genere umano? A scoprirlo saranno gli unici sopravvissuti, i bambini, nel romanzo Anna di Niccolò Ammaniti, pubblicato da Einaudi. Lo scrittore romano, vincitore del Premio Strega 2007 con Come Dio comanda e autore di Io non ho paura e Branchie, conferma con questo testo la predilezione per storie legate all’adolescenza.
In una Sicilia in rovina, dopo l’avvento di una misteriosa epidemia che pare aver colpito solo gli adulti, si muove una tredicenne sperduta, ma anche determinata a ritrovare il fratellino rapito. Il solo aiuto su cui può contare è un quaderno di ‘istruzioni’ scritte dalla madre prima di morire. Intorno a lei, anche se i grandi non ci sono più, i pericoli non mancano, in uno scenario di morte e desolazione che invita al coraggio.
“L’adolescenza è l’età più particolare della vita perché pone domande che spesso non hanno risposta” spiega Niccolò Ammaniti. “È il periodo in cui si mette in discussione il mondo, insieme all’autorità che lo governa. I genitori sono i primi a non riconoscere più i figli, che vogliono agire da grandi pur non essendolo ancora del tutto. Da tempo cercavo una storia che mi permettesse di parlare solo di ragazzi. Volevo scrivere dei loro impulsi a ribellarsi alle regole, anziché adattarsi a esse, come poi avviene nella maturità. Con Anna ho trovato il modo. Ho creato un personaggio che ha sorpreso anche me per la sua vitalità e mi ha coinvolto più di quello che pensavo.”
Una serie televisiva per Anna
Pur definendosi molto attaccato al mezzo della scrittura, Niccolò Ammaniti ha spesso portato le sue storie anche al cinema. Registi come Gabriele Salvatores e Bernardo Bertolucci hanno girato film tratti dai suoi romanzi. Anna, invece, pare destinata a diventare una serie televisiva. “Abbiamo iniziato a lavorare al progetto” conferma l’autore “ma forse la notizia è trapelata con troppo anticipo. C’è ancora molto da fare prima che si possa ipotizzare una data di uscita. Sarà comunque un’esperienza nuova, dopo quelle fatte con i film.”
In realtà non sembra che per Ammaniti ci sia grande differenza tra scrivere un romanzo o un trattamento per un film. “Il lavoro dello scrittore resta quello di proporre una storia” spiega. “Che poi si tratti di un romanzo per un libro o di un soggetto per un copione la differenza si nota dopo. Inoltre, appartengo a quella generazione di autori che, per motivi anagrafici, quando ha iniziato a scrivere conosceva bene gli stili e i meccanismi del cinema, oltre che della letteratura, per i tanti film già visti.”
Un grande sogno collettivo
Niccolò Ammaniti è comunque rimasto molto colpito dalle sue esperienze cinematografiche. “Un film” dice “è un grande sogno collettivo, in cui tutti, dallo scenografo al montatore, danno qualcosa. Certo, si discute, ma nessuno può decidere o fare le cose da solo. Scrivere un film è come crescere un bambino. Da solo puoi portarlo fino a un certo punto, poi devi affidarlo a qualcun altro.”
Per Ammaniti però non ci sono solo luci nel futuro, ma anche ombre. “Il futuro dell’editoria è complicato” dice. “Le vendite dei libri sono in calo perché la gente che legge è sempre meno e c’è poco turnover. Si fatica a creare nuovi lettori e quindi le prospettive non sono esaltanti, almeno in questo momento.”
Secondo Ammaniti infatti non è detto che il declino sia inarrestabile. “Per rilanciare la lettura bisognerebbe lavorare di più nelle scuole. Anche i genitori dovrebbero cominciare un’opera di educazione in tal senso perché i ragazzi potrebbero andare incontro a quelle che sono quasi delle forme di dissuasione, come i social.” I premi letterari possono servire a far vendere più libri? “I premi fanno parlare di più dei libri, creano una sorta di gossip che li fa andare sui giornali e magari in casa della gente. Qualsiasi attività che porti alla lettura è positiva.”
I monopoli fanno sempre paura
Invece, che risultato può dare l’acquisto di Rizzoli da parte di Mondadori, un evento da molti visto con preoccupazione? “I monopoli a me fanno sempre paura. Quindi, se si formano dei gruppi troppo grandi, è difficile capire che cosa accadrà. Ora io non credo che le case editrici che formeranno il gruppo, come dire, si creeranno delle particolari difficoltà. Il problema è che in generale io mal vedo i grandi concentramenti. In Italia questo è il rischio su tutti i piani, non solo su quello della letteratura. Succede anche col cinema o nella televisione, quindi questa cosa è sempre inquietante. Però, se questo salvaguarda dei posti, uno ci deve anche stare.”
Marco Vallarino