Andrea G. Pinketts ci ha prematuramente lasciato il 20 dicembre 2018. Ad appena 57 anni è morto all’ospedale Niguarda di Milano. Dopo essersi misurato con individui della miglior stazza e della peggior razza, e aver vinto varie sfide (non solo) letterarie, ha perso il match più importante, quello contro il tumore.
Oltre che un grande scrittore, uno dei più grandi della contemporaneità per stile, idee, temi, Andrea G. Pinketts è stato un grande amico per tutti quelli che lo hanno conosciuto. Un uomo dal cuore d’oro, oltre che noir, sempre pronto a battersi per difendere i più deboli dai soprusi perpetrati dai più forti e prepotenti. A poche ore dalla sua morte, Il Secolo XIX mi ha chiesto di scrivere un suo ricordo, che è stato poi pubblicato in terza pagina nell’edizione del 21 dicembre 2018. Qui però voglio proporvi una vecchia intervista realizzata nella primavera del 2004 per il settimanale La Riviera, per cui scrivevo all’epoca per la gioia del direttore Andrea Moggio.
Pinketts alla Fiera del Libro di Porto Maurizio
A Imperia si teneva una delle prime edizioni della Fiera del Libro di Porto Maurizio. Negli anni sarebbe diventata una delle manifestazioni più importanti del suo genere in Liguria, portando in città personalità del calibro di Vittorio Sgarbi. Allora però Imperia era distante dalle grandi piazze letterarie come Milano e Roma, non era facile convincere gli scrittori a venire a presentare i loro libri nella Riviera dei Fiori per pochi spiccioli se non gratis.
Eppure Pinketts, opportunamente stalkerato da me e dall’amica e collega Antonella Viale, accettò. In fondo la Liguria gli piaceva un sacco. Ogni scusa era buona per venire a fare bisboccia in riva al mare insieme alle folle oceaniche che riusciva a trascinare a ogni evento. Di quel giorno trascorso in fiera a parlare e bere con lui e la sua fidanzata dell’epoca ricordo il freddo. Per essere i primi di giugno a Imperia, la temperatura era insolitamente bassa e c’era un vento tremendo. Anche Pinketts se ne lamentò, a suo modo.
Lo scoop dei romanzi pubblicati in America
Però la presentazione fu spettacolare e l’intervista mi permise di fare un clamoroso scoop. Pinketts mi rivelò infatti che i suoi romanzi di lì a poco sarebbero stati pubblicati negli Stati Uniti, grazie a Linda Lee Bukowski, vedova del grande Charles. È effettivamente un articolo legato ai tempi d’oro di Pinketts, quando stava bene, pubblicava un libro all’anno, scriveva per il teatro, tutte le settimane era in televisione e in qualche bar o libreria a parlare di noir e dintorni. E Tecla Dozio, Carlo Oliva, Sergio Altieri e altri amici milanesi erano ancora vivi e con lui animavano lo scenario culturale cittadino.
Con Pinketts ho pubblicato racconti in varie antologie, tra cui Città violenta e Invito alla festa con delitto. Ho organizzato e presentato eventi sia in Liguria che a Milano. Sono stati tutti bei momenti, divertenti e… dinamici, per usare un eufemismo. Se lo avete conosciuto sapete di cosa parlo. Siamo stati insieme nella squadra di Noir Magazine e anche in quella di M-Rivista del Mistero di cui lui era il direttore irresponsabile al fianco di Andrea Carlo Cappi.
Ma ora basta coi ricordi. Eccovi l’intervista, dedicata al rapporto di Pinketts con Dio, Savona e un sacco di altre cose.
La Riviera, 11 giugno 2004: Incontro con Andrea G. Pinketts
È stato l’incontro più riuscito della rassegna, quello che ha visto protagonista il sempre più celebrato scrittore noir Andrea G. Pinketts (dove la G oltre che per Genio sta per Giovanni). Presentato da Antonella Viale, l’unica in Riviera che possa tenergli testa, l’autore meneghino ha parlato a lungo (più a lungo di tutti, come sempre) di tutto quello che gli è venuto in mente.
Pinketts ha sollazzato una folla sempre più numerosa con battute, siparietti e aneddoti degni del miglior cabaret. Il punto di partenza è stato Nonostante Clizia, romanzo noir ambientato a Savona che vede la (doverosa) resurrezione dell’alter ego Lazzaro Santandrea, dopo la morte (apparente) avvenuta al termine di Fuggevole turchese, penultimo capitolo della saga.
Il rapporto di Pinketts con Dio
Pinketts, che rapporto hai con Dio? “Non sono cattolico, ma neanche ateo. Qualcuno o Qualcosa dev’esserci, da Qualche parte, perciò sono agnostico. Mi sento comunque molto vicino a Dio, visto che Lazzaro, in quanto amico di Gesù, può essere considerato un Suo familiare. Per questo ritengo Dio uno di famiglia.”
Come mai hai deciso di ambientare quest’ultimo romanzo a Savona? “È facile scrivere storie ambientate al Carnevale di Rio. Da quelle parti si trova tutto ciò che possa fare la storia: ballerine e manigoldi, quartieri di lusso e favelas, feste e sparatorie. A Savona non c’è niente, a parte una grande tristezza. Imperia, a confronto, sembra Las Vegas. Così uno dev’essere davvero bravo per riuscire a far accadere qualcosa che valga la pena di essere raccontato in un posto del genere. Uno come Lazzaro Santandrea, insomma, mica caramelle!”
Per Pinketts il noir è un cavallo di Troia
Perché hai scelto proprio il noir per raccontare le tue storie? “Per me il noir è un cavallo di Troia in cui posso infilare tutto ciò che ho urgenza di raccontare. Inoltre è un preciso richiamo alla mia vecchia attività di giornalista investigativo, che mi ha portato tra l’altro a smascherare la truffa dei Bambini di Satana, a dormire un mese alla stazione di Milano travestito da barbone, a lavorare come Sceriffo per il comune di Cattolica e a misurarmi con individui della miglior stazza e della peggior razza.”
Come scrivi le tue storie? “Di solito parto dal titolo. Della trama non me ne frega niente. Però quando comincio so sempre dove voglio arrivare, anche se non ho idea di come ci arriverò. Scrivere per me è un po’ come guidare nella nebbia.”
Progetti per il futuro? “Sono sempre direttore, insieme a Cappi, della Rivista del Mistero edita da Addictions di Milano. Il nuovo numero, in libreria tra poco, sarà dedicato al mostro di Firenze. Il prossimo libro uscirà invece l’anno prossimo e sarà una raccolta di racconti dedicata al cinema. La cosa più importante comunque è la traduzione dei miei primi romanzi in americano, per volere di Linda Lee Bukowski che mi considera, per stile e idee, il figlioccio del grande Charles.”
Marco Vallarino