Recensione del romanzo noir di Giorgio Scerbanenco
Iniziai a leggere Giorgio Scerbanenco nel 1998, grazie ai consigli di lettura della compianta Tecla Dozio. Venere privata, Traditori di tutti e le altre storie del ciclo milanese erano noir stupendi, esaltanti. Così ne scrissi alla prima occasione, ovvero su Pianeta01. L’ezine sulla cultura dell’intelligenza che avevo lanciato su Fabula.it insieme agli amici Totem e Kremo. Uno spazio creato per metterci dentro tutto ciò che ci piaceva. Scerbanenco compreso. Eccovi quindi la mia recensione di Traditori di tutti, il mio romanzo preferito della serie milanese.
(Di Giorgio Scerbanenco sarei tornato a scrivere molti anni dopo. Nel 2016 Rizzoli mi fece avere la ristampa del suo primo romanzo, Gli uomini in grigio. Una storia per ragazzi, pubblicata a puntate negli anni 30, che recensii per Libero.)
Duca Lamberti e i traditori di tutti
1969-1999. Trent’anni sono passati dalla morte di Giorgio Scerbanenco, considerato da molti il più grande scrittore noir italiano. Passato alla storia come uno dei padri della nuova narrativa italiana di genere, Scerbanenco sale alla ribalta nella seconda metà degli anni sessanta, quando, dopo aver trascorso anni e anni nella galera del genere rosa, decide di tentare la sorte come autore noir.
I romanzi e le antologie che pubblica dal 1966 al 1969 portano a una rivoluzione nel panorama noir italiano. Aprono nuove strade e rilanciando il genere alla grande. Quelle di Scerbanenco sono storie lontane anni luce dallo stereotipo basato “sul solito maresciallo dei carabinieri che gioca a scopone o sul solito Maigret romanizzato”. Non hanno nulla da invidiare ai grandi modelli dell’hard boiled statunitense e anzi mettono fine al processo di americanizzazione che fino ad allora era stato necessario per dare dignità ad autori e pubblicazioni nostrane.
La Milano bella e dannata di Duca Lamberti
Le opere più famose di Scerbanenco sono quelle incentrate sul controverso personaggio di Duca Lamberti. Un ex medico, radiato dall’albo per aver eseguito un’eutanasia, e poliziotto a mezzo tempo. Traditori di tutti, vincitore nel 1968 del prestigioso Gran Prix de la litterature policiere, è il secondo romanzo del ciclo.
È ambientato in una Milano bella e dannata, dove la delinquenza dilaga inarrestabile senza che nessuno sembri preoccuparsene. Raccontata con uno stile tutto da scoprire, incalzante ma piacevolmente dettagliato, la vicenda si apre con la morte di un’anziana coppia di signori dal torbido passato, annegati nel Naviglio dentro la loro macchina, spinta in acqua da una misteriosa accompagnatrice americana che sparisce subito dopo.
A questo punto entra in scena Duca Lamberti. Per aiutare la polizia nelle indagini, l’uomo si infiltra in una organizzazione malavitosa. Quasi casualmente, Duca scopre che alla base di tutto c’è un ingente traffico di droga e armi. Comincia quindi la sua battaglia contro il crimine. L’obiettivo è spezzare la catena di morte di cui la delinquenza organizzata milanese rappresenta un anello importante.
Colpi di scena a raffica
E mentre i colpi di scena si susseguono rapidi e imprevedibili, Scerbanenco ci rivela che i presunti furbi, quelli che si credono così intelligenti da poter fare ogni cosa, lecita e non, sono in realtà i veri idioti. L’intelligenza infatti non può stare dalla parte della violenza.
Violenza o intelligenza: Duca Lamberti lo sa bene e ha capito da che parte si deve stare. Per questo, benché qualche volta ricorra alla violenza per far valere le proprie ragioni, mi sento di dire che Duca Lamberti rappresenta, se non un modello di comportamento, almeno una figura più che positiva, e non solo in campo letterario.
Traditori di tutti è un ottimo modo per avvicinarsi al noir. Questo romanzo farà ricredere tutti quelli convinti che gli italiani non siano bravi quanto gli stranieri. Come ogni scrittore di razza, Giorgio Scerbanenco ha storie da raccontare, e sarebbe un peccato non approfittarne.
Marco Vallarino