Ombre

Otto racconti brevi di Marco Vallarino

Nella primavera del 1998 il primo racconto in assoluto che avevo scritto in vita mia giunse in finale al Premio Courmayeur. Era un prestigioso premio letterario dedicato alla narrativa fantastica e di fantascienza. “Il sopravvissuto”, spedito in forma anonima, fu scelto per essere uno dei dieci racconti a giocarsi la vittoria. Un altro mio titolo, “Mario”, fu segnalato tra i primi venti, su oltre duecentottanta testi pervenuti all’attenzione della giuria.

Ombre, otto racconti brevi di Marco Vallarino

A vincere fu poi Antonio Intra con “Ossessione”, ma la pubblicità che ottenni con quel primo exploit, almeno sulle pagine culturali del Secolo XIX, mi permise di conoscere l’editore che, pochi mesi dopo, pubblicò il mio primo libro: Ombre! Una raccolta di racconti brevi, che proponeva otto storie inquietanti capaci di spaziare tra più generi e ambientazioni. Fantascienza, horror, noir, fantastico, con il solo obiettivo di sorprendere ed emozionare il lettore.

Il libro, pubblicato in sole 500 copie, ebbe una diffusione limitata. Tuttavia grazie agli amici di Fantascienza.com riuscì ad attirare l’attenzione della critica specializzata. Luigi Pachì ne parlò assai bene sul Corriere della Fantascienza. Enrico Rulli lo recensì in maniera lusinghiera sul Cosmo SF della Editrice Nord. E Luca Crovi lo segnalò addirittura sull’Almanacco della Paura di Dylan Dog!

Ombre: racconti brevi (Dominici Editore, 1998)

Quarta di copertina

Un treno che viaggia su un binario inesistente verso il paese della felicità.

L’incontro di un ex-tossicomane paranoico con Rò, irresistibile dark lady, il loro fantastico amplesso e la sua tragica conclusione.

Imperia, una città cancellata dall’universo perché troppo.

Una banda di spacciatori che recluta nuovi scagnozzi per mezzo di un videogioco ultraviolento.

Mariaccio, il gestore di un famoso locale notturno, che nelle sere di chiusura racconta a una misteriosa mente aliena le sue storie di vita vissuta.

L’allucinante odissea spaziale di un astronauta del XXV secolo e la terribile rivelazione che lo aspetta alla fine di tutto.

Noir, pulp, horror, fantascienza, cyberpunk… Questo e molto altro ancora in Ombre. In un universo letterario in cui banalità e noia sono bandite, si muovono otto inquietanti ombre. Otto racconti, otto piccoli capolavori del surreale, originali e piacevoli da leggere. Otto incredibili esperienze che non dimenticherete tanto facilmente.

L’atteso esordio dell’autore che, a soli ventun anni, è stato finalista al premio Courmayeur 1998, il più importante concorso letterario italiano per la narrativa fantastica.

  • Mario
  • !
  • Storia di Rò
  • Killer
  • Buio
  • Il sopravvissuto
  • Aldilà dei buchi neri
  • Il sogno

(volume esaurito)

Recensioni e commenti:

Ombre segnalato da Luca Crovi sull'Almanacco della Paura 2000 di Dylan Dog

Sulla linea bagnata di sangue dei nuovi narratori “pulp” italiani, si muove Ombre, di Marco Vallarino. Una banda di spacciatori che recluta nuove leve servendosi di un violento videogioco, un treno che viaggia su un binario inesistente verso il paese della felicità, la città di Imperia cancellata dal pianeta, a causa di un virus demoniaco infiltratosi nel computer dell’Altissimo… Su insoliti temi come questi si sviluppano le brevi storie di Vallarino, in bilico tra noir, horror e fantascienza. [Luca Crovi, Dylan Dog, Almanacco della Paura 2000, pagina 11]

Ombre è il libro di esordio di Marco, che pochi mesi prima, a soli ventuno anni, è stato finalista del Premio Courmayeur. Come si sia classificato non so e non m’importa, quello che mi interessa è cosa e come scrive. Scrive bene, chiaro e senza fronzoli. Quanto a cosa scrive fortunatamente penso che non si ponga nemmeno per un attimo il problema se stia scrivendo un racconto horror o fantascientifico o realistico. I racconti sono per lo piú ambientati a Imperia, ma i dettagli sono pochi, la seguente definizione si potrebbe adattare a una qualsiasi città occidentale: “…il ‘paese dei morti viventi’… la gente viveva aspettando solo di morire… troppo presuntuosa per imparare qualcosa di buono, troppo stupida per accettare la diversità del mondo, troppo mediocre per cercare di cambiare le cose…” [Buio]. “Killer” descrive in modo coinvolgente aspirazioni e modo di vivere di una parte, spero minima, dei giovani di oggi. Negli altri racconti l’irruzione del fantastico nella realtà quotidiana avviene con naturalezza, quasi fosse una messa a fuoco di essa. Direi che è questo uno dei tratti più personali di Vallarino, questo scarto improvviso ma senza inceppamenti, che ritroviamo anche in racconti come “Il sopravvissuto” e “Aldilà dei buchi neri”, all’avvio dei classici racconti fantascientifici. E il non aver paura di affrontare grandi temi come Dio, la realtà, la morte. Credo che fra gli influssi si possano indicare Dick, un certo fantastico italiano (Buzzati, Landolfi) e King ma fortunatamente per noi lettori questi influssi mi sembrano già assimilati e superati in una propria visione della letteratura, che è vita, si sa. In definitiva mi sento di consigliare questi brevi ma densi racconti, il volume ha distribuzione locale ma si può richiedere alla libreria La Sherlockiana, l’URL è alla pagina dei links, dove c’è anche quello del sito di Vallarino, dove potrete avere un’idea del suo impegno nel campo fantascientifico (di recente ha curato un’antologia di racconti e ha avuto l’impudenza di non includere niente di suo). È bello poter seguire la crescita di un autore così promettente. [Raimondo Marullo (Rama), niusgrupparo di it.cultura.fantascienza, su Ramapage, 17 settembre 2000]

Otto brevi racconti narrati in prima persona, dove Vallarino usa gli strumenti della fantascienza per farci arrivare nelle zone d’ombra che stanno oltre la conoscenza del reale. Forse, in alcuni casi, non si tratta strettamente di fantascienza quanto piuttosto di situazioni in bilico tra realtà e sogno, tra trascendenza e morte. I racconti partono dal dubbio e attraverso la ricerca arrivano alla rivelazione, quasi mai piacevole e spesso catastroficamente definitiva. Vallarino tende a concentrare la propria attenzione sul protagonista e sui suoi problemi e per questo i suoi sfondi fantascientifici hanno tratti piuttosto schematici e possono risultare forse non nuovi a chi è anni che si nutre di letteratura di genere. In ogni caso, la scrittura di Vallarino è lineare, la lettura è scorrevole e le situazioni originali. Insomma, a me l’antologia è piaciuta. In più, uno dei racconti è stato finalista al premio Courmayeur e un altro è stato segnalato dalla giuria dello stesso. Da parte mia, mi attendo che Vallarino allarghi un po’ i suoi orizzonti e vada oltre alla visione strettamente legata al personaggio protagonista dei suoi racconti. Dacci ombre più grandi, Vallarino! ;-) [Fabio R. Crespi (PinaZ), niusgrupparo di it.cultura.fantascienza, su PinaZ.HP, 31 marzo 1999]

Prima antologia personale di un giovane autore distintosi al premio Courmayeur 1998. Il volume raccoglie otto prove letterarie che spaziano dalla fantascienza al fantastico al surreale. Paradossalmente sono proprio i due racconti presentati al concorso (uno finalista ed uno segnalato) a convincere di meno. Il primo, “Mario”, ci presenta un alieno affamato di storie di vita che uccide chi non gli racconta la verità; il secondo, “Il sopravvissuto”, pur cominciando come una classica space opera, finisce per scomodare Dio, identificandolo con una mente artificiale schizofrenica (Definitiva Intelligenza Organizzata). Dove Vallarino riesce ad esprimersi al meglio sono i racconti di forte influenza buzzatiana, sia nelle trame che nelle atmosfere. Opere in cui emerge il disagio di una generazione costretta ad identificarsi in vuoti miti come la discoteca, i videogiochi, il computer. Storie di vite consumate in una Imperia che assurge a simbolo di periferia disumanizzante e squallida, in cui anche il libero arbitrio diventa una favola e l’unico modo di reagire non è la morte ma l’oblio, la cancellazione dall’hard disk della creazione. Ed il pessimismo generazionale, la mancanza di speranze e di obiettivi, diventano solitudine. Illuminante a questo proposito è “Storia di Rò”, in cui un giovane tossicomane riesce a portarsi a letto l’amica della sorella. Il protagonista finirà per morire, vittima di una pasticca inghiottita per amplificare l’amplesso, ritrovandosi all’Inferno condannato alla solitudine eterna. O “Killer”, il racconto migliore della raccolta: la realizzazione di un determinato punteggio ad un videogioco splatter funge da rito di passaggio per diventare il membro invidiato di una elite i cui privilegi sono spacciare ecstasy nella sala giochi di un quartiere di periferia e godere delle ragazze che lo frequentano. Esemplare parabola di un mito, quello dell’eroe e della cerca, finito nel fango del post-moderno in cui i mostri da abbattere sono creazioni elettroniche ed il premio finale è un paradiso chimico. [Enrico Rulli, Cosmo SF 1/99, Editrice Nord]

A volte i premi letterari mettono in moto nuove iniziative e nuovi autori. È il caso di Marco Vallarino, che dopo essere stato recentemente finalista al premio Courmayeur ha raccolto otto suo racconti e li ha riuniti nell’antologia Ombre, edita da Dominici Editore, una piccola casa editrice di Imperia. I racconti si fanno leggere volentieri. Come ricorda lo stesso autore le sue creazioni si basano sul dualismo, per lui innegabile, violenza o intelligenza, e sullo zerouno, una nuova ideologia a cui sta lavorando da mesi. Nei suoi racconti è riscontrabile un certro pessimismo cosmico, una lotta costante tra la banalità dell’essere umano e l’infinità del creato. Una battaglia persa in partenza, naturalmente, e non a caso i finali sono spesso drammatici e il lieto fine latita. Lo stile scorrevole lascia ben sperare anche per future opere. Magari un vero e proprio romanzo. […] L’unico lato stonato per il buon prodotto in questione rimane la troppo pomposa presentazione e una quarta di copertina che cerca di comparare Vallarino ad un paio d’autori stranieri, di cui preferiamo non fare il nome. Ci auguriamo solo che si tratti almeno di una visione del futuro azzeccata da parte dell’editore e non soltanto di una boutade pubblicitaria. [Luigi Pachì, Il Corriere della Fantascienza, n. 193, mercoledì-giovedì 18/19 novembre 1998]

Riceviamo da Marco Vallarino una raccolta di racconti, otto per la precisione, recentemente uscita per i tipi della Dominici Editore, una piccola casa editrice di Imperia e subito vi giriamo la segnalazione. La raccolta si intitola “Ombre”, e a dispetto di una copertina perlomeno anomala per il genere trattato si fa leggere con facilità, grazie ad uno stile scorrevole e privo di particolari tecnmicismi letterari, che a seconda dei gusti può rappresentarne il limite o il pregio. I racconti tendono ad un pessimismo cosmico, a malapena riscattato da una sottile ironia che pervade i racconti più riusciti, tra i quali Mario, finalista al Premio Courmayeur. Non è di certo una raccolta che possa far balzare sulla sedia i nostri lettori, avvezzi a ben altre atrocità letterarie, o che faccia gridare al miracolo per l’originalità dei temi trattati, ma si tratta in ogni caso di un prodotto che ha la sua validità, soprattutto tenendo conto della giovane età dell’autore che lascia ben sperare per il suo futuro nel campo della narrativa. [Giuliano Fiocco, Horror Weekly, n. 18, 12 dicembre 1998]

Raccolta opera prima di Marco Vallarino, finalista al concorso letterario italiano per la narrativa fantastica Premio Courmayer 1998. Alla ricerca sperimentale di una propria formula, lo stesso autore le definisce storie “fanta-noir”, probabile allusione al loro collocarsi in bilico fra il genere narrativo noir e la fantascienza. Ma si può meglio interpretare l’estrosa definizione, in base alla forte incidenza dell’elemento fantastico puro a fianco di quello noir o fantascientifico. Tanto, da ricordare perfino a volte i “racconti dell’assurdo” di Dino Buzzati. Ricorrente tuttavia, sullo sfondo, la realtà di un paesaggio urbano degradato o l’ambiente detestato-amato della sonnolenta provincia di origine. Si legga, ad esempio, il racconto intitolato Buio. Ebbene, ivi la città di Imperia viene addirittura cancellata per recuperare spazio nel “disco rigido” del mondo, a seguito di una sorta di periodico “scan-disk” predisposto dall’alto. Un caustico particolare è che nessuno al di fuori se ne accorge o ci fa caso. Va da sé che anche ciò rientra nell’oculata e “pietosa” provvidenza di un non ben identificato Grande Programmatore, in sintonia con la personale desolata Weltanschauung del narratore studente universitario di informatica. Oppure, nella fantasticheria “!” (non è un errore di battitura; tale, effettivamente, il bizzarro titolo), assistiamo al dirottamento di un treno in corsa lungo la riviera ligure, dritto verso il paese utopico e ucronico della felicità, che poi si scopre essere una banale “mancanza di fantasia”. Insomma, la cifra e la misura dell’autore sembra essere una onirica immaginazione equilibrata da una opportuna dose di realistico e amaro sarcasmo. Godibile, peraltro, la scena dei viaggiatori all’interno del loro scompartimento, sorpresi e preoccupati dal misterioso dirottamento ferroviario. Ciascuno finisce per accennare alla propria piccola storia e grande insoddisfazione. Scolasticamente, torna in mente il medievale congegno della cornice narrativa dei Racconti di Canterbury dell’inglese Geoffrey Chaucer, quando i pellegrini protagonisti si intrattengono a narrare per ingannare il tempo e il destino durante la sosta in una locanda. Non sarebbe stato forse difficile, per il nostro Vallarino, da una situazione del genere tentare il salto verso una originale traccia di romanzo. Sarebbe infatti bastato allungare e approfondire un po’ le storie dei suoi “scoglionati” pendolari, di ritorno da Genova… E il gioco, almeno “tecnicamente”, sarebbe stato fatto. Ma chissà che egli non si convinca a raccogliere l’indiscreto suggerimento, in un prossimo futuro! [Pino Blasone, recensioni Neo-Noir]

Ho letto “Ombre” con qualche riserva. Capita troppo spesso che sedicenti autori ti propongano di leggere i loro “capolavori”, quasi sempre privi di poco o nullo interesse/qualità. È stata una bella sorpresa. Il commento che mi è venuto spontaneo è stato: «Questo ragazzo sa scrivere.» [Tecla Dozio, La Sherlockiana, Libreria del Giallo, Milano]

Veramente originale e degna di nota questa prima raccolta di racconti brevi del giovane autore ligure. Finalista nel 1998 al premio Courmayeur (importante concorso letterario italiano di narrativa fantastica) con due racconti, tra l’altro presenti in questa antologia, Marco ci regala qui, otto storie originali, scritte con buon mestiere, scorrevoli e dirette, dal finale spiazzante e disarmante che ci fanno tornare alla memoria i mitici episodi degli anni 70 de “Ai confini della realtà”. Storie comunque create da un punto di vista estremamente personale, nate sulle solide basi della fantascienza classica e moderna con l’unico neo, forse, di essere poco “contagiate” da quel ramo della letteratura fantastica che è l’horror. Il pessimismo cosmico, la scarsa fiducia nell’uomo, sono due dei temi che più ricorrono nei racconti di Vallarino e che li rendono a volte “cattivi”, senza alcuna via d’uscita, senza alcuna speranza (forse). Il primo racconto dell’antologia, “Mario” (segnalato alla giuria al premio Courmayeur 1998), nella sua brevità e semplicità, lascia il lettore con due domande filosoficamente importanti. È possibile che ognuno di noi, per quanto insignificante e ai margini, possa a un tratto trovarsi ad essere responsabile del destino dell’umanità intera? E ancora, è possibile tenere in vita l’umanità sapendo scindere verità da menzogna usando il grande dono del “saper raccontare”? Ognuno poi può leggere questo racconto in chiavi diverse, come del resto ogni storia di fantascienza, ma personalmente, ho colto in queste poche pagine una prima, ampia dimestichezza relativa all’uomo come singola unità e come cellula indispensabile all’equilibrio universale. Ottimismo allora? Speranza? Paradosso? Non lo so, bisognerebbe chiederlo all’autore, sta di fatto che dalle righe di questo e dei prossimi racconti che andrò a riassumervi a grandi linee, trapela una speranza, seppur minima, che l’essere umano possa riscattarsi, possa riacciuffare quell’equilibrio “cosmico” che sembra oramai perduto. In “!”, secondo me il miglior racconto dell’antologia (sicuramente in seconda rilettura), Vallarino sfida veramente i mitici episodi di mathesoniana memoria della serie “Ai confini della realtà”. Una storia in cui un’intera popolazione di infelici, scontenti e non realizzati, ha la possibilità di “rifarsi una vita” in un luogo da favola, perfetto nei minimi particolari, praticamente un paradiso terrestre. Nonostante tutto però, nel finale l’autore ci trascina di nuovo con i piedi per terra, quasi ci strappa da un bel sogno e ci dice irrevocabilmente che “la felicità è una mancanza di intelligenza”, che una vita in cui si può essere quello che si vuole uccide inesorabilmente tutti i nostri sogni e le nostre speranze cancellandoci oltre ai sogni anche l’orgoglio, difetto prettamente umano, ma indispensabile, secondo Vallarino, a dare un senso reale alla vita stessa. “Storia di Rò” è senz’altro il racconto della raccolta che più si avvicina a un horror caro a uno degli autori contemporanei più dotati e geniali nel campo del fantastico, l’inglese Clive Barker. Parlando con Marco, più e più volte gli ho paragonato questa storia a una delle chicche raccolte nei “libri di sangue” di Barker. Pur non avendo tutta la forza d’urto di un racconto barkeriano, “Storia di Rò” denuncia una delle storiche debolezze dell’uomo, la convivenza con se stesso e l’uso delle droghe come coadiuvante dei fallimenti quotidiani. Il finale si presenta come al solito con uno “schiaffo” improvviso al lettore che deve seguire i fatti da un nuovo e sconcertante punto di vista, rimanendone irrimediabilmente vittima. Anche “Killer”, il quarto racconto, riprende alcune tematiche di “Storia di Rò” e di “!”. Lo sfigato, il reietto, il signor nessuno, specchio di parte della gioventú priva di ideali degli anni ’90 che isola a una salagiochi e a un videogame il suo mondo, il suo unico terreno di conquista per acquisire quello pseudo potere e quella fama che lo renderanno degno di rispetto nel quartiere, ma che da perfetto iellato qual è troverà modo di perdere, ritrovandosi in un ambiente ben più reale, cinico e spietato. Geniale e fulminante, “Buio” ci racconta di come l’intero universo sia solamente un enorme PC creato da Dio in cui la Terra è solo un piccolo spazio sull’Hard Disk e dove anche una piccola traccia, un cluster come la città di Imperia può venir cancellata a piacimento dal Divino solamente a causa della bassezza e mediocrità dei suoi abitanti. Un racconto in cui l’uomo è un burattino, un puro gioco di intrattenimento con cui si dilettano delle forze superiori. Per certi aspetti mi vengono in mente un racconto di Stephen King, “Il wordprocessor degli dei”, e un recente film di fantascienza, “Matrix”. Sono solo sensazioni, ma le sei pagine del racconto di Vallarino potrebbero essere un buonissimo incipit per un promettente romanzo, chissà. Sicuramente più a suo agio nei suoi due racconti di pura SF, Vallarino ci consegna una chicca imperdibile con “Il sopravvissuto”, dove magistralmente ci ridisegna l’intera nostra origine ed evoluzione e ci mette al cospetto di un DIO (Definitiva Intelligenza Organizzata), che altro non è se non un computer sofisticatissimo e immortale inviato in esplorazione da un popolo estremamente lontano nello spazio e nel tempo. DIO che non trovando nessuna forma di vita intelligente in tutto il suo lungo peregrinare, ricrea le stesse condizioni ambientali del pianeta d’origine dei suoi “costruttori” (I Primi) nel terzo pianeta del nostro sistema solare, dando così origine alla vita sulla Terra. Deluso poi dall’annientamento casuale dell’uomo (Gli Altri) provocato da un lungo diluvio (l’autore ricorrerà ancora alla pioggia e al diluvio in un altro suo racconto non incluso in questa raccolta), se ne va noncurante che la scintilla della vita intelligente sia ancora accesa e che l’uomo, da solo, riuscirà nei millenni a conquistare l’universo ritrovandosi poi al cospetto del proprio “creatore”. Un’altra sfida di Vallarino che in poche pagine è capace di cancellare migliaia di anni di culti e religioni evidenziando ancora una volta la fragilità e l’imperfezione umana. (Questo racconto è stato finalista al premio Courmayeur 1998.) “Aldilà dei buchi neri” è una vera avventura spaziale, ironica ed estremamente divertente, con il suo bravo antieroe a “caccia” di buchi neri tanto per fare soldi. Una spassosa avventura che stempera una scrittura piuttosto cupa e pessimistica evidenziando le doti dell’autore, dove il protagonista troverà il buco nero che lo porterà direttamente in Paradiso, o meglio ancora nell’isola che non c’è lasciando il lettore nel dubbio se ci sia giunto attraverso il buco oppure disintegrandosi cercando di attraversarlo e quindi attraverso una dimensione per così dire “extramortale”. Chiude infine la raccolta, confermando i dubbi espressi precedentemente, un racconto che è più che altro un esercizio creativo di ottima fattura e intensità: “Il Sogno”. Un unico lungo periodo senza punteggiatura alcuna che in due pagine racconta il sogno di ogni ragazzo “capace” di sognare: l’incontro con un alieno, magari proprio nel suo giardino. Dicevo che in parte conferma i dubbi lasciati inespressi nel precedente racconto in cui forse il Paradiso poteva essere raggiunto senza mollare quella zavorra materiale che è il nostro corpo, magari attraverso lo spazio e i buchi neri, ma in parte non lo fa considerando che l’ultimo racconto è… solamente un sogno. Due parole sole in conclusione di questa breve analisi della raccolta “Ombre”. Il talento scorre forte e abbondante in questo giovane scrittore ligure, quello che ora mi auguro è che non molli la guardia, che non si rilassi, che non si complichi la vita ricercando stili particolari di scrittura, che altresì lasci uscire tutta la sua creatività e fantasia e ci regali al più presto qualcosa di più corposo, magari un bel romanzo. Ma forse Marco ci sta già lavorando. [Walter Giordani, fondatore del newsgroup it.cultura.horror, 4 aprile 2000]

Ho letto questa raccolta di racconti da poco e vorrei parlarvene un po’ prima di partire per le agognate vacanze la prossima settimana. Come saprete, Marco bazzica un po’ per i ng di fantascienza e horror e ha postato anche qui diverse cose, fra cui il suo racconto “Atlantide”, storia che avevo amichevolmente ‘rimandato a settembre’ a cusa di un finale un po’ troppo sbrigativo. Con questa premessa non proprio positiva, ero curioso di leggere qualcosa di più compiuto. Gli ho quindi dato fiducia e addirittura ho voluto pagare il libro di tasca mia a prezzo pieno (lui voleva regalarmelo, anche per sfatare questi benedetti luoghi comuni sulla spilorceria dei liguri, ma ho tanto insistito che alla fine si è convinto ;-)), proprio per non aver debiti di riconoscenza: se dovevo stroncarlo, non avrei avuto quindi pietà. Alla fine della lettura devo dire che sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla freschezza che esce da questo libricino: otto racconti più o meno brevi, caratterizzati dall’uso di un un linguaggio non ordinario e scontato, che, a mio avviso, nasconde un accurato lavoro di ricerca lessicale e un tentativo apprezzabile di crearsi un proprio stile. E le storie? Le storie sono buone, tutte a loro modo originali e con finali ‘come si deve’. Si va dal racconto di pura fantascienza a racconti ambientati nel mondo d’oggi (es. le avventure di un pendolare, la mania del videogioco) fino a racconti in puro stile noir. I miei preferiti sono “Mario” e “!”, ma tutti si ricordano in un attimo rileggendone poche righe. Questo significa che RIMANGONO IMPRESSI e, visto il mare di parole che ci scorre tutti i giorni davanti agli occhi, non e’ cosa da poco. Un buon inizio che aspetta di ricevere una conferma con la stesura di un romanzo coi fiocchi. A mio avviso, ci potrebbe riuscire. [Nicola Berti, sul newsgroup it.fan.stephen-king, 15 agosto 1999]

Ombre è un libro coraggioso, insolito, crudelmente diretto come uno schiaffo dato all’improvviso. Ogni racconto stimola molteplici riflessioni sulla nostra essenza, sulla realtà che ci circonda, e, in ultima analisi, sulla condizione dell’uomo. Marco mostra di possedere una solida abilità di piegare le trame alle sue idee, e le sue idee ai suoi scopi, senza mai annoiare o perdersi in pleonastiche escursioni filosofiche. Il suo è uno stile scorrevole, gradevole, privo di orpelli e giri di parole altisonanti, e questo va bene. Però mi sento di rimproverare a Marco la tendenza a restringere il “campo visivo” della sua immaginazione, imbastendo plot gravidi di sviluppi che avrebbero meritato una costruzione piú articolata e ampia. Di certo potrebbe mostrarci appieno la sua stoffa di scrittore in un componimento piú lungo. Ho gradito in particolar modo: MarioStoria di RòKillerAldilà dei buchi neri. [Emiliano Maramonte, scrittore]

Ho cercato qualcosa di Ombre di cui parlare male e, dopo un’accurata lettura e un’analisi approfondita, sono riuscito finalmente a trovarla: il disegno in copertina… tutto il resto invece è perfetto! Continua a spaventarmi. [Adriano Emaldi, scrittore]