Racconto fantastico pubblicato in “Mondi possibili e impossibili” (Il Foglio, 2002)
Atlantide. Un’occhiata distratta è sufficiente a Stefano per capire che c’è qualcosa di strano. L’insegna sembra quella di un negozio ma non ci sono vetrine e attraverso il vetro opaco della porta non si riesce a vedere niente. Incuriosito, Stefano decide di entrare.
Una grande sala che ospita decine di scaffali pieni di libri. Atlantide è una libreria. «Buonasera!» lo saluta un vecchio dai capelli bianchissimi, seduto dietro un banco. «Cosa posso fare per lei?»
Stefano è preso alla sprovvista. Si sente in imbarazzo e non sa cosa dire. Non è entrato per comprare ma solo per vedere che posto era. Vorrebbe andarsene ma teme di fare la figura dello stupido, così chiede il primo autore che gli viene in mente: «Vorrei qualcosa di Stephen King.»
«Stephen King?» chiede il vecchio non troppo convinto.
«Sì, Stephen King» ripete Stefano non capendo cosa ci sia di strano nella sua richiesta. «Quello che scrive romanzi horror.»
Il vecchio è perplesso. «Mah! Così su due piedi il nome non mi ricorda niente. Se mi dice come si scrive provo a cercarlo sul computer.»
Muovendo qualche passo verso il banco, Stefano fa lo spelling di King. Il vecchio avvia il programma di ricerca e guarda a lungo il monitor, assorto nel controllo dei dati, ma alla fine scuote la testa e annuncia: «Mi spiace, non ho nessun King nel computer. È proprio sicuro che si scriva così?»
Ma Stefano ha già perso la pazienza. «Non è possibile che non ci sia» replica seccato. «È uno degli scrittori più famosi del mondo.»
«Beh, io non so cosa farci. Non ce l’ho e basta. Qualcos’altro?»
Stefano non crede alle sue orecchie e inizia a pensare che il vecchio lo stia prendendo in giro. Ciononostante, prova a sparare altri due nomi piuttosto conosciuti: «Patricia Cornwell e Ken Follett.»
Di nuovo il vecchio scuote la testa, prima di dire: «Mai sentiti. Vuole che cerchi anche questi?»
«No grazie, fa lo stesso.» Adesso Stefano è sicuro che si tratti di uno scherzo, magari un modo per denigrare gli scrittori commerciali. Forse il vecchio soffre di razzismo culturale, odia la narrativa di genere senza troppe pretese e si occupa solo degli autori osannati dalla critica e dagli intellettuali.
Non sarebbe una cattiva idea lasciar perdere e andarsene. Ringraziare, scusarsi per il disturbo, uscire e dimenticare l’accaduto. Ma Stefano è convinto di sapere che cosa si nasconde dietro l’anomalo comportamento del libraio e vuole smascherarlo. Si avvicina ancora di più al banco e attacca: «Kafka? Proust? Joyce?»
«Joys?» chiede il vecchio aggrottando la fronte in uno sforzo di memoria. «Sì, Joys mi sembra di averlo. Gli altri due non mi tornano ma Joys…»
Franz Kafka e Marcel Proust! Due dei più grandi scrittori del novecento, o almeno considerati tali, fatti fuori con un «non mi tornano». Stefano è turbato. Lo scherzo inizia a diventare pesante. Il vecchio potrebbe essere pazzo. E pericoloso. Joyce è l’ultima speranza.
«Ah, eccolo qua!» esclama il vecchio. «Cristopher Joys: La rosa scarlatta, La montagna parlante, Solo contro tutti…»
Stavolta è Stefano a scuotere la testa. «No, no, no» ribatte sconcertato. «James non Cristopher. James Joyce, quello dell’Ulisse. I lunga, o, ipsilon, ci, e.»
«Ci e?» ripete il vecchio poco convinto. «Mi scusi, avevo capito male, pensavo finisse per esse.» Le dita tornano a correre veloci sulla tastiera e Stefano non sa se odiare di più lui o il computer.
«Niente da fare, non c’è neanche questo» annuncia serafico il vecchio. «Ho un Ulisse ma è di Jack Newton.»
Stefano non sa più cosa pensare. Anzi, lo sa: il vecchio è pazzo, punto e basta. Benché abbia una certa confidenza con la letteratura, non ha mai sentito parlare né di Jack Newton né di un Ulisse che non sia stato scritto da James Joyce. Sente che sta per cedere, lo scherzo si è spinto troppo oltre. Con pochi passi decisi raggiunge la porta da cui è entrato. La maniglia è lì davanti a lui. Basterebbe tirarla e sgattaiolare fuori per mettersi in salvo da quella cellula di realtà impazzita. Stefano è pronto ma qualcosa dentro di lui decide che non è ancora finita. Si gira verso il vecchio e grida: «Questa è una libreria, giusto?»
«Sì» conferma la voce piatta del vecchio.
«Senz’altro ci saranno anche delle opere di narrativa: romanzi, antologie, racconti.»
«Certamente.»
Una strana luce brilla negli occhi di Stefano. «E allora mi dica un po’: che cos’ha di horror?»
Il vecchio non fa una piega e risponde tranquillo: «Beh, per esempio ho tutti i romanzi di Stefano Re.»
Stefano sgrana gli occhi, vacilla, fatica a reggersi in piedi. Stefano Re è il suo nome. Gli è sempre piaciuto scrivere, col tempo è riuscito a mettere insieme qualche romanzo, ma non ha mai trovato un editore disposto a pubblicare qualcosa. Possibile che si tratti di un omonimo?
Continua in Scacchiera a tre
Marco Vallarino