Racconto noir pubblicato sul settimanale La Riviera del 6 febbraio 2004

Da giornalista mi è capitato di rado di scrivere di sport, pur essendo un grande appassionato (almeno) di calcio e automobilismo. Si tratta infatti di un tema che per Il Secolo XIX a livello locale è coperto (come si dice) da colleghi più preparati di me, come gli amici Giorgio Bracco e Angelo Boselli.
Fabio Fognini, Davide Oriolo, Guido D’Amore, Federico Garibaldi, Tiziano Campus sono comunque alcuni dei campioni della mia zona che ho intervistato negli anni. Nel 2004, invece, per il settimanale La Riviera, per cui all’epoca tenevo la rubrica Leggende Metropolitane, ho scritto questo racconto noir. Si tratta di una storia drammatica, che tuttavia non lesina spunti umoristici. Lo spunto fu una querelle giudiziaria dell’epoca, che vedeva contrapposti un allenatore di calcio e l’arbitro che lo fece squalificare per tre anni.
Buona lettura e attenti ai cartellini troppo… affilati!
Racconto noir “Cartellino rosso sangue”
La Riviera, 6 febbraio 2004
“Finalmente sei mio, maledetto!” esclama Davide brandendo il rasoio davanti all’uomo legato al letto. “Quanto tempo ho aspettato questo momento! ma tu ti ricordi di me?”
L’uomo, imbavagliato, può solo scuotere la testa, mentre la lama del rasoio riflette il suo sguardo terrorizzato. Non avrebbe mai immaginato di finire così, quando ha aperto la porta al tizio col giubbotto rosso e il berretto nero che gli chiedeva un’offerta per i bambini del Burkina Faso. È bastata una spruzzata di anestetizzante dritta in faccia per scaraventarlo nel tunnel dell’orrore.
“Certo che non ti ricordi” continua Davide con gli occhi iniettati di sangue. “Chissà quanti ne hai rovinati con i tuoi cartellini e i referti totalmente inventati. Non ti chiamano il Rosso mica per niente. Ti piace fare il duro, eh? ma io ho passato due anni d’inferno per colpa tua. Ho perso tutto dopo quella partita. Il posto in squadra, il lavoro, la ragazza. Guarda!” strilla mostrando una calvizie incipiente sotto il berretto. “Adesso perdo anche i capelli.”
Il giovane si rimette il cappello e continua a raccontare: “Sono finito alle riunioni degli alcolisti, perché credevo che bere mi avrebbe aiutato a non pensare a quello che mi avevi fatto. Poi mi hanno trovato drogato marcio nei vicoli più bui della città, ma tu eri sempre con me. Tu e il tuo maledetto referto. Io ero solo venuto a chiederti perché mi avevi espulso, ma tu hai scritto che ti avevo insultato, minacciato, picchiato. Scommetto che hai anche trovato il modo di far respingere il ricorso della società, anche se il replay mostrava chiaramente che non era un fallo da espulsione e c’erano diversi testimoni che ti avevano visto uscire dallo spogliatoio senza un graffio.”
Davide si ferma un attimo per riprendere fiato. Poi prosegue il suo tetro racconto: “Il giudice mi ha dato due anni, mettendo fine alla mia carriera e alla mia vita. Ma ciò che è fatto è reso e adesso sarò io a mettere fine alla tua di vita. Questo rasoio mi aiuterà a prendermi delle belle soddisfazioni. Se svieni, una bella endovena di cardiotonico e si ricomincia daccapo! Dopo quello che ho passato, sono diventato uno specialista in iniezioni. Ma siccome non sono un verme come te, voglio darti almeno una possibilità. Ti leverò il bavaglio, così potrai dirmi perché l’hai fatto. Se si tratterà di un buon motivo, forse ti farò meno male, ma giuro che se provi a urlare ti farò impazzire dal dolore.”
Chi era Marina?
“No, non urlerò” attacca il Rosso dopo che Davide gli ha tolto il fazzoletto di bocca. “Non ti darò questa soddisfazione. Me ne andrò con onore, senza piagnucolare come invece hai fatto tu. Adesso mi ricordo. Sei quello sfigato che giocava nell’Imperia. Hai ragione, non era un fallo da espulsione e dentro lo spogliatoio mi ero inventato tutto, ma avevo un ottimo motivo. Marina. Ti dice niente questo nome? scommetto di no. Per te, che eri l’idolo dei tifosi, sarà stata una conquista come un’altra, ma per me era tutto. Avrei fatto qualunque cosa per uscirci. Lei lo sapeva, ma alla fine ha scelto te, accorgendosi troppo tardi del suo errore.”
“Marina era una sgualdrina” interviene Davide sprezzante. “Me la sono spassata con lei come me la sono spassata con le altre. Ma da qui a rovinare qualcuno per causa sua ce ne passa, anche se immagino che bruci essere respinto da una come lei. Ma non ti preoccupare. Il sale che ti butterò sulle ferite brucerà di più!”
L’ospite inatteso
Il rumore del campanello interrompe lo sproloquio. Davide fa finta di niente, ma dopo un po’ si sente il rumore della porta che si apre.
“I ladri?” pensa il Rosso che, da quando la madre è morta, vive solo come un eremita. “Speriamo che siano armati, meglio derubato che scannato.”
Un energumeno avvolto in un cappotto nero compare sulla soglia della camera. Osserva l’uomo legato al letto, poi estrae una pistola munita di silenziatore e fa fuoco su Davide, che stramazza al suolo privo di vita.
“Oh, grazie!” esclama il Rosso in lacrime. “Grazie, grazie mille!”
L’energumeno si avvicina al letto. “Aspetta a ringraziarmi” replica asciutto. Si libera del cappotto, mettendo in mostra una maglia della Sanremese, poi si china a raccogliere il rasoio.
Marco Vallarino
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