Racconto umoristico scritto per Il Secolo XIX del 26 luglio 2003
La legge è uguale per tutti. Il prezzo per un bel trenta di procedura penale, anche. Dario insiste, ma l’assistente del professore non fa sconti. “Non siamo al mercato” conclude stizzoso. Tremila euro o niente. Cioè, tremila euro oppure sei mesi chiuso in casa a studiare otto ore al giorno. Col caldo che fa, Dario si sente soffocare al solo pensiero. Tra vent’anni lo studio sarà dichiarato tossico come l’amianto, ma chissà quanta gente morirà prima di allora.
Dario non credeva ci volessero così tanti soldi per farla franca e non ha la più pallida idea di come far fare il salto di qualità ai suoi duemila euro, risparmi di tutta una vita (di sperperi). Prova a impietosire l’assistente con le solite storie di povertà e emarginazione, ma l’uomo ha un attimo di esitazione solo quando gli offre la sua sterminata collezione di Playboy. “Proverò a fare qualcosa” dice alla fine. “Ma sarà difficile.”
Ci vuole una settimana perché l’assistente si faccia vivo: “Come prevedevo, il professore rifiuta di farle uno sconto. Però può pagare la differenza lavorando.”
Dario riprende fiato. “Che cosa devo fare?” chiede.
“Qualche lavoretto a casa del professore. Nulla di complicato. Comincerà domenica prossima alle nove. Il professore sarà fuori per una conferenza, sua moglie dovrebbe essere in montagna. Queste sono le chiavi e questo l’indirizzo. Nell’ingresso troverà un biglietto con su scritto cosa fare.”
Dario ringrazia e dice addio ai suoi Playboy. Peccato per l’orario un po’ infelice, che lo costringerà a un sabato sera in sordina. D’altra parte, il successo nello studio comporta da sempre qualche sacrificio.
La casa del professore è uno splendido attico luminoso, arredato con stile. Il biglietto nell’ingresso è quanto di peggio ci si possa aspettare dalle parole “qualche lavoretto”. Si comincia con: spolverare, cambiare le lenzuola, fare il bucato, stirare i panni nella cesta. Si prosegue con: pulire il bagno, dare una spazzata in terrazza, lavare i vetri. Si finisce con: lavare i pavimenti, dare la cera, varie ed eventuali.
Indossato il grembiule di ordinanza, Dario si spezza la schiena come la più devota delle colf. All’ora di pranzo manda giù due cracker in piedi, mentre stira le camicie del professore. A un tratto squilla il telefono. L’assistente non gli ha dato ordini precisi al riguardo, così preferisce non rispondere. Squilla di nuovo, ma Dario resiste. Alle cinque, stremato, si accascia su una sedia nell’ingresso per riprendere fiato. Ormai non gli rimane che dare la cera. Sta per alzarsi, quando la porta si spalanca. Sulla soglia, una cicciona infarcita di nei grossi come calabroni, incorniciati da riccioli che sembrano le serpi di Medusa.
“E tu chi diavolo sei?” sbotta la donna. “Dov’è Maria?”
Dario cerca di spiegarle la situazione. Le mostra il biglietto poi, quasi orgoglioso, la porta in giro per la casa perché veda quello che ha fatto. La donna non ci mette molto a capire che il marito si è imboscato con la donna delle pulizie, lasciando allo studente il compito di fare i lavori. Meno male che ho telefonato e sono tornata prima per controllare, pensa. Poi dà un’occhiata al biglietto e le viene un’idea. “Bravo ragazzo, hai fatto un ottimo lavoro!” esclama. “Non ti preoccupare per la cera, ci penserò poi io. Piuttosto, mio marito ti ha detto niente a proposito delle varie ed eventuali?”
“No. Di che si tratta?”
“Beh, vedi, mio marito ha la sua età, non è più l’uomo di un tempo. È sempre più difficile per lui fare la sua parte, così quando capita si fa, come dire? dare una mano da qualcuno. Tu sei giovane e forte e sono sicura che te la caverai benissimo. Andiamo, su!”
Dario guarda la morte (dei sensi) in faccia e deglutisce. Riuscirà a bere l’amaro calice? In fondo spera di sì. Perché, se passerà anche questa ultima terribile prova, il professore non potrà che dargli trenta e lode.
Marco Vallarino