Racconto noir pubblicato su Il Secolo XIX del 3 gennaio 2002
Euro deliri per tutti, di questi tempi. Chi ha fatto code interminabili in banca e alle poste per accaparrarsi il primo storico sacchetto di monete tutte europee, chi gira per negozi armato di calcolatrice scientifica (o di filippino bravissimo a fare i calcoli a mente), chi si fa il caffè e il cappuccino a casa perché “figuriamoci se al bar non sono aumentati”, chi ne approfitta per organizzare la truffa del (nuovo) millennio, spacciandosi per euro convertitore vivente.
Nico – Nicola all’anagrafe, trentenne di brutte speranze ma di bell’aspetto – appartiene a quest’ultima categoria e in pochi giorni ha già “guadagnato” una discreta sommetta. Un milione qua, due là, altri tre laggiù, per non parlare dei dieci che gli ha mollato la signora Itri. «Buongiorno signora, sono il dottor Piano, Guido Piano, mi manda la Banca d’Italia: devo convertire le sue lire in euro…»
Le sue vittime preferite sono vecchiette e vecchietti soli, abbandonati dal cervello oltre che dalla famiglia. Ormai non sono piú in grado di distinguere il buono dal cattivo ed è un gioco da ragazzi persuaderli della trasparenza dell’iniziativa. Molti hanno fior di risparmi sotto il materasso e la vista indebolita dall’età è impotente di fronte agli euro elargiti da Nico, buoni solo per giocare a Monopoli.
Certo, ci sono anche i rischi del mestiere, come quando gli arzilli vecchietti, un po’ per diffidenza e un po’ per riempirsi la giornata, lo tengono ore a parlare dell’introduzione della moneta unica europea, delle 1936,27 lire, degli arrotondamenti e soprattutto delle possibili truffe a cui si può andare incontro. Ma alla sera Nico non può che dirsi soddisfatto della sua giornata. Si butta sul letto in mezzo a tutte le banconote che ha rastrellato e nuota a lungo in quel mare di ricchezza, poi si versa un bicchiere di champagne e brinda all’Europa unita. Se continua cosí, in capo a una settimana potrà partire per il Sud America e darsi alla pazza gioia.
Colpo grosso
Per il suo ultimo giro Nico sceglie i quartieri alti. Il colpo grosso ci sta tutto, come gran finale e come premio per la genialità dell’idea e l’impegno con cui l’ha applicata. In un paio d’ore riesce a incamerare una dozzina di milioni da due vedove che non finiscono piú di ringraziarlo, poi suona alla porta di un certo Caione. Gli apre un vecchio spilungone dagli occhi azzurrissimi, avvolto in un’elegante vestaglia blu scuro.
«Sí?»
«Il signor Caione?»
«Cavalier Caione.»
«Buongiorno, sono il dottor Piano, della Banca d’Italia. Sono qui per convertire…»
Caione lo fa entrare senza battere ciglio e richiude la porta alle sue spalle. Nico osserva compiaciuto lo sfarzoso arredamento della casa, mentre segue il cavaliere in un salotto che è il non plus ultra dell’ostentazione. Mobili, soprammobili, vasi, lampade, quadri. Quadri? I quadri hanno qualcosa di strano, ma Nico non fa in tempo a pensarci perché, dopo averlo fatto accomodare, Caione gli chiede a bruciapelo: «E cosí lei vuole le mie lire?» Nico gli rifila la solita storiella della conversione a domicilio, seduto su un divano che non potrebbe permettersi neanche se “convertisse” in euro tutte le lire della città.
«Torno subito» dice alla fine Caione uscendo dalla stanza. Nico si frega le mani. Ma, quando il cavaliere ritorna, delle lire non c’è traccia e la sciabola che brandisce non promette nulla di buono.
«Sia ben chiara una cosa» attacca il vecchio, minaccioso. «Io, generale di corpo d’armata cavalier Eufisio Maria Caione, non permetterò mai a nessuno di sostituire le mie gloriose lire con le insulse monete che girano adesso nei ghetti del continente.»
Nico vorrebbe alzarsi e scappare, ma la sciabola di Caione lo inchioda al divano. «La lira vive!» continua il cavaliere. «Ha fatto grande il Regno d’Italia e la Repubblica. Ha prosperato, prospera e prospererà, perché la lira siamo noi, figli del Re, camerati del Duce e invincibili cavalieri di Vittorio Veneto, passati attraverso la breccia di Porta Pia e vittoriosi sugli unni invasori. E sui galli di Vercingetorige. E sui cartaginesi di Annibale…»
L’ultima cosa che Nico vede prima che la sciabola del cavaliere si abbatta su di lui sono i quadri appesi alla pareti del salotto. Ritratti futuristi di Benito Mussolini e di Sua Maestà Vittorio Emanuele III.