Racconto umoristico pubblicato sul settimanale La Riviera del 12 marzo 2004
Non avevo mai sentito parlare del Festival di San Romolo finché il direttore non mi invitò a andare con lui alla serata finale, sabato 6 marzo 2004. Subito rifiutai, spiegando che trovavo già abbastanza noioso il Festival di Sanremo. Neppure gli ascolti a picco e la presenza di una outsider come Simona Ventura erano riusciti a commuovermi. Per convincermi il direttore specificò che si trattava di uno spettacolo per soli uomini.
“Un festival del porno?” chiesi eccitato.
“Ebbene sì!” confessò. “Il Festival di San Romolo è una gara tra ragazze nude o quasi che ballano e cantano al ritmo dei brani presentati a Sanremo. Lo spettacolo si svolge in una villa e i posti a disposizione sono pochissimi. Io però ho dato una mano a sistemare l’impianto audio e sono riuscito ad avere due biglietti gratis.”
Fu una delle poche volte che arrivai in orario a una festa. Le ragazze non c’erano ancora, ma il salone era già bello pieno. I nostri posti erano in prima fila, a meno di un metro dal palco. Due formose cameriere in topless e tanga ci portarono da bere, insieme a due biglietti numerati. “Per la riffa” spiegarono.
La cosa che più mi colpì fu la massiccia presenza di cartelli e striscioni pubblicitari, sparsi un po’ dappertutto. “Gli sponsor della manifestazione” spiegò il direttore, seguendo la direzione del mio sguardo.
Alle nove in punto le luci si abbassarono e il presentatore salì sul palco e ci dette il benvenuto al primo “Festival del piacere italiano”. Le regole erano semplici. Al termine di ogni esibizione avremmo dovuto dare un voto da uno a cinque alla concorrente, utilizzando le palette che avevamo sul tavolo. In caso di parità tra due o più ragazze, sarebbe stato effettuato uno spareggio. La vincitrice si sarebbe guadagnata il ruolo di attrice protagonista nel prossimo film di Mino Tauro, affermato regista porno. Il vincitore della riffa avrebbe invece potuto scegliere una delle ragazze con cui “festeggiare” sul palco, per il gran finale della serata.
Le esibizioni furono tutte eccezionali. Indimenticabili quelle di Adriana, una creola selvaggia avvolta in una pelle di leopardo che cantò “Nessun consiglio” di Pappalardo, Ilsa la belva delle SS, maggiorata crudele come il brano di Mario Venuti, che fece schioccare la frusta a pochi centimetri dal mio naso, e la schiava bionda Laura, che il presentatore legò al palo della pole dance per ripercorrere le orme di Veruska.
Il gran finale
Vinse naturalmente Katia, la conturbante donna pipistrello, con “L’uomo volante” di Masini. La ragazza ritirò il premio tra i fischi del pubblico, poi estrasse il numero del biglietto vincente della lotteria. 34, quello del direttore. Mi congratulai con una pacca sulla spalla, ma lui fece una smorfia. Forse gli dispiaceva tradire la sua ragazza, dopo tanti anni che stavano insieme.
“Vuoi fare cambio?” propose sottovoce.
“Certo!” risposi afferrando il biglietto.
Sul palco invocai la selvaggia Adriana, terza classificata. Anche scalza mi sovrastava di dieci centimetri buoni, ma non mi lasciai intimorire. Le strappai di dosso la pelle di leopardo e mi diedi da fare. Furono i dieci minuti più esaltanti della mia vita. Neanche quando avevo pubblicato il primo racconto mi ero sentito così fiero. Alla fine riuscii anche a farmi dare il numero di telefono. Tornai al tavolo tra gli applausi.
Poi cominciarono a arrivare gli sms: “Complimenti!”, “Bravo!”, “Grande!”.
Qualcuno addirittura mi telefonò per congratularsi per la mia prestazione sul palco. Preoccupato, chiesi spiegazioni al direttore.
“Il Festival di San Romolo è trasmesso in diretta dal sito Internet dell’organizzazione” mi comunicò asciutto. “Ci sono webcam nascoste dappertutto, qui dentro. Non lo sapevi?”
“Ovviamente no.”
“Secondo te perché gli ascolti del Festival di Sanremo sono andati a picco, quest’anno? Non mi dirai che credi a quella palla del Grande Fratello e di Zelig!”
“Non lo so. Ora come ora credo solo che non potrò più uscire di casa per i prossimi tre anni.”
Ma il peggio doveva ancora venire. Quando provai a chiamare Adriana, mi risposero i vigili del fuoco.
Marco Vallarino