Racconto noir pubblicato in “Brividi neri” (Terzo Millennio, 2003)
Per entrare Ennio deve togliersi le scarpe. Il Maestro lo riceve in una stanzetta avvolta nella penombra, inginocchiato davanti a un basso tavolino di kimberlite. Indossa un mantello nero, con un cappuccio che gli stringe la faccia rugosa nascondendo una calvizie poco adatta allo scopo. Gli occhi si perdono nel vuoto, al di là della densa coltre di fumo dall’odore dolciastro che suscita in Ennio ricordi non proprio legali. La discepola bionda e scalza che lo ha introdotto nella stanza gli fa cenno di inginocchiarsi davanti al Maestro. Ennio obbedisce. Aspetta che l’uomo esca dalla trance e gli dia udienza. Se girasse la testa, vedrebbe i bracieri da cui si sprigiona il fumo che lo fa tossire.
“Non tossire” esordisce il Maestro “respira.” La vacuità dello sguardo non accenna a diminuire, eppure l’uomo sembra essersi animato. “Respira l’essenza di Faf. Purifica il corpo e la mente. Respira! E racconta al Maestro perché sei qui. Il Grande Faf ti ascolta.”
Ennio espone il problema con grande partecipazione, sperando che il Maestro possa aiutarlo. Ogni tanto gli scappa da gesticolare, ma riesce a trattenersi. Il Maestro mantiene sempre l’espressione imperturbabile, per non dire ebete, ma alla fine si preoccupa di trovare una soluzione al problema del ragazzo. Ennio ascolta attentamente, con un mezzo sorriso sulle labbra. Che sparisce subito quando il Maestro lo congeda e la discepola gli presenta il conto. Cinquecento euro senza, mille con (la fattura). Come inizio non c’è male, pensa Ennio rimettendosi le scarpe e lasciando l’appartamento.
Il consiglio del maestro
Seguire il consiglio del Maestro è un rischio, ma per Ennio ne vale la pena. Nella notte un motorino esplode in un vicolo nel cuore della città, mandando in frantumi i vetri dei palazzi vicini. I giornali parlano di un avvertimento nel solito regolamento di conti tra bande. La gente si scaglia contro le forze dell’ordine, che non vigilano abbastanza nelle zone più a rischio della città.
In realtà è solo un sacrificio al dio Euro per vincere al Lotto i soldi necessari a comprare una macchina decente, che eviti a Ennio di fare la figura del demente, sempre in giro con quel catorcio di motorino che assomiglia a uno scherzo di Carnevale. Anche Anna, la sua ragazza, glielo dice sempre: “Ennio, quand’è che ti deciderai a crescere e a sbarazzarti di quel ferrovecchio?”
Dall’alto del suo metro e novantacinque, Ennio è convinto di essere cresciuto abbastanza e già pregusta il pomeriggio che passerà dal concessionario per scegliere la macchina.
Mercoledì sera si sintonizza sul Lotto alle otto, con una coppa di champagne in una mano e una tartina al caviale nell’altra. La bambina bendata fa del suo meglio, ma i numeri estratti sono completamente diversi da quelli giocati da Ennio.
Il Grande Faf diventa piccolo piccolo e Ennio capisce quello che ha combinato. Se lo raccontasse a qualcuno, diventerebbe lo zimbello del quartiere. Della città, a pensarci meglio. Della provincia, almeno fino alla consegna del tapiro di Striscia la notizia, che lo consacrerebbe al ludibrio nazionale. Ma il peggio deve ancora arrivare.
Qualcuno suona alla porta. È Fabrizio, il fratello di Anna, in lacrime. Anna è morta, soffocata da un boccone che le è andato di traverso, mentre era a cena con le colleghe di lavoro.
Ennio pensa a ciò che aveva detto il Maestro e impietrisce. “Per compiacere ulteriormente il dio Euro e essere sicuro di ottenere la sua benevolenza, ricordati di mettere dentro il motorino un feticcio, un oggetto che ti è caro e a cui rinunci con sofferenza.”
Nino, l’orsetto di peluche che Anna gli aveva regalato per l’ultimo San Valentino.
Marco Vallarino