Racconto di Marco Vallarino secondo classificato al premio letterario Licurgo Cappelletti 2001 e pubblicato sul numero speciale della rivista Il Foglio Letterario dedicato alle opere finaliste del concorso.
Il giorno era vecchio, ma lui di più. Fuori, la sera era più buia che mai, invernale e anche un po’ triste, ma Paolo Drago sapeva che, nonostante mancasse ormai poco alla mezzanotte di quella grigia domenica invernale, mancava ancora meno al momento in cui lui avrebbe chiuso gli occhi per l’ultima volta. Non era proprio una questione di ore, però, se Drago fosse stato un giorno, quel giorno, le lancette anziché segnare le dieci e dieci sarebbero state ben oltre le undici.
A ottant’anni suonati, erano due le sensazioni che provava più spesso. La prima, che era anche la più curiosa, derivava dal fatto di aver smesso di lavorare molto presto. A quarantanove anni, dopo aver fatto il cameriere per oltre un quarto di secolo nei locali più disparati. Bar, ristoranti, alberghi, discoteche, club privati. Era stato ovunque, perfino in un casinò. Adesso, dopo tutto il tempo passato a marcire sulla poltrona di casa o sulle panchine dei giardini, a leggere il giornale o, nei casi migliori, a parlare con qualcuno, il lavoro cui aveva dedicato anima e corpo per così tanti anni gli appariva lontanissimo e gli sembrava di essere sempre stato in pensione, libero di fare ciò che voleva ma schiavo dell’impressione che non ci fosse più molto da fare.
La seconda sensazione, comune alla maggior parte dei suoi coetanei, era la solitudine. Non si era mai sposato, non tanto perché non avesse trovato la donna giusta, quanto piuttosto per la paura di farsi carico di tutte le responsabilità che un matrimonio comporta. Aveva sempre vissuto l’amore quasi come un amplesso, intenso ma senza futuro, e solo quando era troppo tardi si era reso conto che avrebbe dovuto investire di più sul suo avvenire. Non aveva parenti e tutti i suoi amici erano morti da un pezzo, a settant’anni, rispettando quella che poi è la media del maschio italiano e obbligandolo a intensificare le visite al cimitero, anche se le lapidi non gli facevano certo compagnia.
Era solo, Drago, eppure non si disperava perché da qualche mese la sua vita non era più così vacua. Alla fine dell’estate era arrivato un nuovo vicino e per Drago era stato l’inizio di una nuova era. Questo vicino infatti, a differenza degli altri condomini, belli, giovani e scattanti che andavano sempre di fretta e non lo degnavano di uno sguardo, era un vecchio come lui, magari di qualche anno più giovane, ma sempre vecchio. Un altro poveraccio insomma che, a causa del disfacimento fisico e mentale in cui riversava, era stato a poco a poco emarginato dalla società e aveva quindi bisogno di qualcuno che lo facesse sentire meno solo.
Drago non aveva idea del perché uno così vecchio avesse cambiato casa, ma aveva accolto quell’arrivo come una benedizione, come il segno di quanto fosse stato stupido a perdere la speranza di vivere in serenità gli ultimi anni della sua vita. L’amicizia di quel vecchio lo avrebbe fatto rinascere.
La prima volta che lo aveva incontrato nell’androne, mentre usciva per andare a fare la spesa, aveva pensato che si trattasse di una visita occasionale a qualche figlio o nipote, ma quando nel mese successivo le apparizioni del vecchio erano continuate, Drago aveva capito che era un nuovo inquilino e non gli ci era neanche voluto molto per capire dove stava. Al suo stesso piano, la porta accanto. Sulla targhetta si leggeva un cognome, Ferrari, e nient’altro. Ma per Drago ci sarebbe stato tutto il tempo per conoscere il suo nome e anche qualcosa di più.
In teoria, nulla gli avrebbe impedito un giorno di suonare alla porta del signor Ferrari, presentarsi e cercare di fare amicizia. Tuttavia la paura di un rifiuto lo aveva bloccato e molti giorni erano passati senza che avesse trovato il coraggio di fare alcunché. Anche quando lo aveva incrociato sul pianerottolo o avevano preso l’ascensore insieme, Drago non era mai riuscito a spiccicare parola, a parte qualche saluto fin troppo formale, a cui avevano risposto le solite battute di circostanza, senza che niente, proprio niente, accadesse.
Presto i giorni erano diventati settimane e le settimane mesi, e benché almeno apparentemente il signor Ferrari non avesse alcun motivo di rifiutare la sua amicizia, Drago era sempre più convinto che non ce l’avrebbe mai fatta. Si era accorto che in fondo non aveva niente di interessante da dire e forse la gente faceva bene a evitare lui e i suoi sproloqui, era molto meglio avere qualcos’altro da fare e farlo. Probabilmente lo stesso signor Ferrari, al suo contrario, si divertiva un mondo a fare le parole crociate e a guardare la televisione giorno e notte, anche quando trasmetteva soltanto pubblicità.
Ciononostante, quando quella sera aveva visto le lancette dell’orologio segnare implacabili le dieci e dieci, si era detto che forse, visto che non gli rimaneva più molto da vivere, valeva la pena di fare un tentativo, giusto per togliersi la curiosità di sapere come sarebbe andata a finire. Per quel giorno era ormai troppo tardi, anche se Drago sapeva bene come i vecchi non dormano quasi mai e comunque mai così presto, ma l’indomani sarebbe andato sicuramente. Sì, domani. Magari a mezzogiorno, così si sarebbe anche fatto invitare a pranzo.
Agitato com’era al pensiero di ciò che lo aspettava, quella notte dormì meno del solito. Alle sei era già in piedi ma uscì di casa soltanto alle nove passate, proprio per non dare l’idea di uno che non riesce neanche più a dormire.
Un giretto per il quartiere tanto per farsi venire in mente qualcosa di brillante da dire al signor Ferrari, questa era l’intenzione di Drago mentre aspettava che l’ascensore facesse il suo dovere. Gli venne quasi voglia di fischiettare dalla contentezza, pregustando l’incontro tanto atteso, ma quando arrivò nell’androne capì subito che qualcosa non andava.
C’era pieno di gente e tra i tanti si distingueva un ragazzotto in divisa. Un portantino. Drago ebbe un tuffo al cuore. Facendosi largo tra la folla uscì in strada. Parcheggiata sul marciapiede a pochi metri dal portone c’era un’ambulanza, e proprio in quel momento altri due portantini stavano caricando una barella coperta da un lenzuolo bianco. A giudicare dalle pieghe del lenzuolo doveva esserci qualcuno sulla barella, ma anche il viso era coperto e questo era un brutto segno.
Drago rimase ancora qualche attimo a guardare l’ambulanza poi si decise. Avvicinò uno dei condomini e chiese, con voce tremante: “Cos’è successo? È morto qualcuno?”
L’uomo non ebbe difficoltà a rispondere: “Sì, Ferrari, quello del secondo piano. Lo ha trovato poco fa la donna che veniva a fargli le pulizie. Era ancora nel letto, per cui dev’essere successo stanotte. Infarto, a quanto dicono.”
Attonito, Drago capì che gli restava un solo modo per conoscere il signor Ferrari e fare amicizia con lui.
Guardò la strada. Quel gigantesco autotreno passava giusto a proposito.