Snuff movie

Racconto noir pubblicato in “Paura” (Ghost, 2000) e “La donna nel ritratto” (Addictions, 2002)

Il getto di acqua gelata colpisce Sara in piena faccia, prima di spostarsi sul suo corpo nudo, e la ragazza si sveglia con un sussulto dei più violenti. Apre gli occhi e inizia a contorcersi sotto il tormento del freddo, sbattendosi a lungo sul pavimento sudicio. Cerca di tirarsi su ma un paio di manette le bloccano le braccia dietro la schiena impedendole di muoversi al meglio. Sara non capisce ma forse è meglio così. Disperata, continua a rotolarsi convulsamente per terra cercando di sottrarsi alla morsa dell’acqua, finché qualcuno non dice: “Okay, direi che può bastare.”

Subito il getto si placa e Sara può finalmente guardarsi intorno. È ancora troppo stordita per rendersi conto di ciò che la circonda e le ci vuole un po’ per mettere a fuoco l’ambiente circostante. Il soffitto sopra di lei è molto alto e anche il perimetro del locale è considerevole. Potrebbe essere un magazzino, vista la quantità di casse impilate qua e là, ma è qualcos’altro a destare l’attenzione di Sara. Poco lontano da lei, un gruppo di uomini la osserva in modo strano. Uno lo riconosce: è il tipo della Mercedes che l’ha abbordata mentre parlava con Eva vicino al solito lampione. Il suo lampione. Dopo averla caricata, le aveva detto che sarebbero andati a casa sua ma Sara non ricorda niente di quello che è successo dopo. Adesso che ci pensa bene però, qualcosa ricorda. Una mano che all’improvviso le preme un fazzoletto sulla faccia e un odore strano. Cloroformio, probabilmente. Ecco com’è finita lì. E adesso?

Gli uomini continuano a guardarla. Sono in quattro e potrebbero volerle fare qualsiasi cosa. Sara ricambia i loro sguardi con evidente inquietudine. Nonostante la giovane età, è già una puttana scafata e non ha mai avuto problemi a prestarsi all’inevitabile, anche nei casi più estremi. Ciononostante, uno stupro di gruppo è troppo anche per lei. E se l’hanno ammanettata vuol dire che hanno intenzione di farle male. Molto male.

Non senza qualche difficoltà, riesce a mettersi seduta. Fa per alzarsi ma uno degli uomini mette mano alla giacca nera che indossa, ne estrae una pistola e gliela punta contro, intimandole: “Fossi in te non lo farei.”

Sara si blocca, visibilmente turbata dalla vista dell’arma, poi grida: “Ma cosa volete farmi?”

“Oh, non ti preoccupare. Facciamo solo un gioco. Un bel gioco, molto divertente” spiega sinistro Giacca Nera. “Io e te insieme. Vuoi?”

“No, non voglio. Lasciami andare” prova a dire Sara, ma senza convinzione.

“Non dire stupidaggini” la apostrofa l’uomo. “Sulla macchina ci sei salita. O sbaglio?”

“Ma io credevo che…” comincia Sara, con le lacrime agli occhi.

“Ormai è tardi per credere. Hai accettato di venire e adesso non puoi tirarti indietro. È il tuo lavoro, no?”

Uno degli uomini scompare dietro una pila di casse. Riappare pochi istanti dopo, trasportando una piccola lavagna bianca con tanto di cavalletto. La posiziona davanti a Sara, poi torna dagli altri. Giacca nera tira fuori da una tasca un pennarello, si avvicina alla lavagna e inizia a scriverci sopra.

“Et voilà!” esclama alla fine, spostandosi di lato perché la ragazza possa vedere quello che ha scritto. Sulla lavagna adesso ci sono dodici trattini rossi, divisi a metà da uno spazio più lungo. Sei trattini più altri sei.

“Il gioco dell’impiccato!” annuncia trionfante Giacca Nera, con un sorriso da 200 watt.

Sara sta zitta, aspetta che l’uomo le dica qualcosa di più, perché tutto le sembra ancora troppo assurdo per avere un senso. Dà un’occhiata agli altri tre e nota che uno di loro ha in mano una piccola videocamera. Vorrebbe dire qualcosa ma la voce di Giacca Nera la richiama all’ordine.

“Guarda bene” le ingiunge brandendo il pennarello. “Le vedi queste due serie di trattini rossi? Beh, sono le due parole che devi indovinare. Tu dici una lettera e se c’è io la inserisco, finché non indovini tutta la frase.”

“E se non c’è?” chiede Sara ansiosa.

“Beh, naturalmente puoi sbagliare. Capita, fa parte del gioco. Ogni volta che sbagli…”

Un rumore proveniente dall’alto fa alzare gli occhi a Sara. Dal soffitto sta scendendo un grosso gancio di metallo appeso a una catena. Qualcuno probabilmente sta manovrando una pulsantiera. Sara torna a guardare gli uomini e lo vede subito. Un tipo magro e non troppo alto, col volto incorniciato da una ispida barba rossa. Legata al gancio c’è una spessa corda di canapa nera, terminante con un cappio…

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