Racconto horror pubblicato nell’antologia “Famiglie assassine” (Statale 11, 2008)
Sei morto. Tua moglie ti ha fatto fuori per godersi in pace il patrimonio di famiglia. Con un rottame come te, è bastato un cuscino sulla faccia mentre dormivi per provocare la solita crisi (cardiaca) del settimo anno. Al funerale erano quattro gatti e nessuno è riuscito a piangere, a parte lei. Forse piangeva di gioia, pensando al prossimo appuntamento con il tuo (ex) migliore amico. Sapevi di loro, ma eri troppo debole per reagire e, in fondo, ti andava bene così. L’importante era che lei non facesse troppo la schizzinosa a letto e lui non andasse a raccontarlo in giro, facendoti passare per cornuto e contento.
Il problema è che, anche da morto, nessuno ti vuole. Non hai fatto niente per meritarti il paradiso e non sei stato abbastanza cattivo da finire all’inferno. Tuttavia, proprio quando sembravi condannato a rimanere sospeso per l’eternità tra l’Aldiqua e l’Aldilà, il Diavolo si è mosso a compassione. Solidarietà tra cornuti, probabilmente. Alla mezzanotte di stasera ti reincarnerai in Buck, il ferocissimo pitbull che tenevi in giardino a guardia della casa, e avrai tempo fino all’alba per guadagnarti un posto tra le fiamme dell’inferno. Quale occasione migliore per regolare i conti con la diabolica coppia che ti ha messo in questo pasticcio?
La cuccia in cui ti risvegli puzza peggio dei barboni che ti chiedevano gli spiccioli per la strada. Esci disgustato e zampetti per il giardino cercando di prendere confidenza con il nuovo corpo. Hai un aspetto magnifico, lo sai, fai paura a tutti. La forza mostruosa, l’agilità immensa, l’insensibilità al dolore e una pressione mascellare a incastro superiore alle due tonnellate fanno di te un vero killer. Finalmente potrai rifarti di tutto il tempo speso da vivo a addestrare questo splendido animale. Se tua moglie si è goduta la vita, tu ti godrai la morte.
Gli salti addosso senza che possa aggiungere altro. Lo azzanni alla gola per fiaccare subito ogni tentativo di resistenza. Poi cominci a dilaniarlo. A ogni brandello di carne che stacchi dal corpo, l’uomo strilla come un maiale al macello. Lo ascolti estasiato. La vendetta è un piatto che va gustato freddo e l’appetito vien mangiando. Anzi, sbranando. Mastichi con cura ogni boccone lasciando sullo zerbino una poltiglia sanguinolenta che farebbe invidia al Mastino dei Baskerville. Poi vai su, lentamente, pregustando quanto stai per fare.
Quando entri in camera da letto capisci perché la baldracca non è scesa in soccorso del suo uomo. Ammanettata al letto, in reggiseno e mutandine di pizzo nero, aspetta solo che qualcuno le salti addosso per “punirla” come merita. Per un attimo i vostri sguardi si incrociano e hai la sensazione che lei capisca. È troppo terrorizzata per reggere il confronto e sviene dopo il primo morso, togliendoti la soddisfazione di sentirla urlare. Pazienza: se non si può avere tutto dalla vita, figuriamoci dalla morte.
Cerchi di masticarla lentamente, per farla durare, sperando che si riprenda. A un tratto però qualcosa ti va di traverso. Forse un pezzo d’osso. Oppure il gigantesco anello d’oro che hai ingoiato insieme al dito. Cominci a soffocare, come quando ti premevano il cuscino sulla faccia. Hai caldo, caldissimo, le fiamme dell’inferno ti stanno già bruciacchiando la pelliccia. Ma, un attimo prima che le porte dell’aldilà si richiudano per sempre dietro di te, per quanto possa permettertelo la gola straziata, alzi il muso e ululi trionfante alla luna rossa di sangue.
Marco Vallarino